"Per intervistare Saviano sono dovuta andare prima in farmacia"
Intervista a Montserrat Fernandez Blanco
Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Farsela addosso, l’edizione estiva della newsletter Public Poetry Speaking. 4 appuntamenti con 4 interviste a persone che, a vario titolo, salgono su un palco. Ho già intervistato Paolo Agrati e Davide Verazzani. Questa settimana l’ospite è Montserrat Fernandez Blanco.
Montse (come la chiama praticamente chiunque) è una Cultural Manager di origine spagnola, ma da molti anni in Italia. Tra le fondatrici di The Hub, il primo coworking italiano, oggi organizza eventi e formazione per le aziende con la sua società Diagonal. Se segui questa newsletter sappi che è la fondatrice di Rame, la community e podcast che ho citato spesso in cui si parla di soldi senza tabù, e colei che ha portato in Italia le FuckUp Nights, eventi in cui si parla di fallimenti, senza paura.
Proprio in quanto abituata a parlare in pubblico durante le FuckUp Night e di fronte ai clienti quando si tratta di presentare i progetti, mi sembrava la persona adatta per parlare di ansia da palcoscenico e da pubblico.
Ah, un’ultima cosa prima di iniziare, anzi, due: Montse ha il superpotere di riuscire ad addormentarsi in qualsiasi situazione, anche la più scomoda, e parla una lingua nota come “Montserrattese” che mischia italiano, spagnolo e inglese. Ma si fa capire sempre perfettamente.
- Chi sei, cosa fai, come ti definisci?
Sono Montserrat Fernandez Blanco, e faccio l'imprenditrice a rischio fallimento. Visto che sono "la mamma" delle FuckUp Nights, so benissimo che quando inizi con una startup il rischio di fallimento è molto alto. Esistiamo da poco più di un anno, stiamo andando benissimo ma siamo in quel periodo delicato in cui sei più con un piede nella fossa che fuori.
- Come ti è venuto in mente di portare in Italia le FuckUp Nights, e come mai sei così attratta dal tema del fallimento?
Sono 8 anni che faccio la FuckUp Night, ma sono più di dieci anni che mi occupo di fallimento. E penso di essere adatta a parlarne perché il più grande fallimento che ho avuto è stato quando ho fallito per la paura di fallire.
- In che senso?
Io ho sempre fatto teatro sin da quando avevo 6 anni, però da piccola era un gioco, poi in adolescenza mi sono accorta che c'era il giudizio del pubblico e ho cominciato ad avere paura.
L'ultimo anno del liceo c'era questa competizione a scuola, diciamo che erano un po' gli Oscar della scuola, e io avevo la parte perfetta per vincere. Ero carica a mille, quindi salgo sul palco, si accende la luce e puf, non mi ricordo più niente. Vuoto totale. Poi mi hanno spiegato che è normale, capita anche agli attori professionisti, ma mi sono così spaventata che anche dopo aver ricevuto il premio (che comunque ho vinto) ho deciso che era una paura troppo grande per me. Quindi per la paura di farmela addosso di nuovo ho perso una parte di me, smettendo di fare teatro. Ho fallito proprio per la paura di fallire.
- Come hai fatto a tornare a parlare in pubblico?
Perché volevo risolvere quella ferita, e allora sono tornata a fare una scuola di teatro. Poi parlo in pubblico perché fare eventi è quello che mi piace di più e quindi devo farlo, ma anche perché se prima pensavo che quello che ci fa paura andrebbe evitato, adesso penso che bisogna affrontarlo.
- Come ti senti prima di salire sul palco?
Una volta ho letto un'intervista illuminante a un chitarrista spagnolo che diceva "Ci pagano per avere paura", e mi sembra bellissimo! Ogni tanto me lo chiedo perché scegliamo questa professione, visto che l'ansia non diminuisce, anzi aumenta col tempo che passa! Quindi non c'è speranza per noi, perché abbiamo scelto una professione nella vita in cui sappiamo che soffriremo sempre.
Io sono perfetta per il tuo format "Farsela addosso", perché una volta prima di un evento me la sono quasi letteralmente fatta addosso per la paura (non ha detto esattamente "fatta addosso" ma vabbé, ci siamo capiti. Ndr).
Dovevo intervistare Roberto Saviano, e stavo così male e in ansia che sono stata tutta la mattina in bagno. Mi sono fiondata in farmacia per comprare qualcosa, e ho detto alla farmacista: "Guardi, io stasera devo intervistare Saviano e me la sto facendo addosso, cosa posso fare?".
Diciamo che se alla fine sono riuscita a intervistare Saviano è anche grazie all'Imodium (ride).
- Ma allora, se hai così paura, perché parli da un palco?
Credo sia un destino. A me piace essere un mezzo attraverso cui passano delle cose, come ad esempio questo progetto che stiamo portando avanti e in cui credo tantissimo.
E poi sul palco penso ci si senta davvero vivi, inseriti in una comunità, in un momento catartico che merita la sofferenza che si prova prima.
Capita anche che mi dicano: "Ma che brava che sei, comunichi serenità!", e io vorrei solo dirgli: "Ma serenità di cosa che penso sempre di sbagliare?"
- Sai benissimo che la reazione del pubblico è imprevedibile. Qual è stato il pubblico più difficile che hai affrontato, oppure quando hai detto: "Basta, adesso prendo e me ne vado"?
Io mi ritengo una privilegiata, anzi penso che forse non me lo merito il pubblico molto bello che viene agli eventi.
Il pubblico più difficile è stato quando sono andata in carcere a parlare di fallimento. Quando me l'hanno chiesto la mia parte egoista non vedeva l'ora di andare, perché ero super curiosa di entrare in quel mondo. Curiosa non in senso morboso, ma perché il carcere è veramente un'esperienza concreta di fallimento. Lì ho avuto paura di non essere all'altezza, anche se per fortuna è andata bene. Devo dire che quel giorno è stato uno dei più importanti della mia vita.
- Tu hai visto tantissimi e tantissime speaker alle FuckUp Nights. Quali sono le presentazioni che "funzionano" di più?
I nostri non sono speech come quelli che vedi nei TED Talk. Io creo uno spazio sicuro perché le persone condividano una parte di se che solitamente non vede nessuno. Può succedere anche che chi viene non riesca a condividere tutto perché è difficile, non è la solita conferenza in cui fai vedere quanto sei brillante.
Mi piacciono molto i TED, però ormai hanno codificato un modo di parlare in pubblico che è vincente, ma omologato. A me invece piace quando ci sono persone che magari parlano di più con i silenzi, che sono più introverse, in modo da dare spazio anche a loro ed evitare la "dittatura degli estroversi".
- Ci sono degli speaker veramente pessimi? Ad esempio quando qualcuno dovrebbe parlare del proprio fallimento ma poi non ne parla?
A me non dispiace quando succede, perché capisco che non riescono perché è davvero molto difficile farlo. Quando succede il pubblico capisce anche quanto sia difficile mettersi sul palco e ammettere di aver fallito, e non bisogna banalizzarlo.
- Io dico sempre che quando parliamo di fronte a più di una persona è già public speaking. Qual è la differenza per te tra parlare in un evento di fronte a 200 persone e parlare in una riunione magari di fronte a 5 persone a cui devi vendere un servizio o un prodotto?
Guarda, io sono veramente una capra a parlare nelle riunioni! Sono brava a parlare in pubblico, da un palco, perché non è quasi una cosa mia, sono solo uno strumento per far passare dei messaggi. Sono lì per "dare" qualcosa, se invece devo "chiedere" qualcosa mi impappino.
- E come hai fatto a superare questa difficoltà? Perché comunque con i clienti ci dovrai parlare...
Con gli anni sono migliorata, ma di sicuro non sono la più brava venditrice del mondo.
- Ultima domanda: che consiglio dai a chi deve parlare in pubblico?
Non bisogna evitare la paura del palco. Bisogna stare attenti a non andare nel panico perché altrimenti scattano i pensieri tossici, anche quando si è sul palco.
Soprattutto bisogna ricordarsi che quasi sempre il pubblico non si accorge neanche se facciamo un errore. Io me ne sono accorta registrandomi, perché spesso mi sembra di aver fatto un disastro e invece poi, riguardandomi, non si vedeva neanche che avevo sbagliato o mi ero impappinata. Quindi tranquillità, non succede niente. E poi bisogna provare, provare, provare...
Prima di dirvi quando sarà la prossima FuckUp Nights, aggiungo un aneddoto di Montse che non è entrato nell’intervista ma credo valga la pena conoscere:
Una volta un professore al Master mi fece una domanda provocatoria, e io ero contenta perché a me piace litigare. In Spagna diciamo che avere ragione è meglio del sesso, perché il sesso dura un istante ben definito, mentre avere ragione dura per sempre!
La prossima FuckUp Night sarà a BASE Milano giovedì 14 Settembre alle 19:30. Io ci andrei, anzi, mi sa che ci vado proprio.
La prossima settimana invece ci sarà la quarta e ultima puntata di Farsela addosso, con un ospite d’onore.
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Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
“Nessuno ci toglierà i balli che abbiamo ballato”
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di comunicazione, customer care e poetry slam.
Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo sia online, e anche consulenze singole.
Organizzo poetry slam e insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni abbiamo un’agenzia che si chiama Slam Factory. La nostra trasmissione “Poetry Slam!” la trovi su Prime Video, anche se nella descrizione mi chiamano “Ciccio Regoli”, vai a capire perché.
Ho scritto 5 libri e un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
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