Troppo poco, troppo tardi
Il caso Caffo e cosa ci insegna sulla perduta arte del dire "Ho fatto una stronzata"
Vuoi fare o farti un bel regalo di Natale? Il 14 Dicembre faccio un corso di public speaking a Milano, secondo me è un bel pensiero anche se lo fai in anticipo.
Dai che sei ancora in tempo!
Immagino anche tu avrai seguito il caso Caffo a Più libri più liberi. In breve, una nota di contesto per chi magari leggerà questa newsletter tra qualche tempo, oppure per chi in questi giorni ha deciso di vivere su un pianeta in cui le notizie non arrivano.
Leonardo Caffo è un filosofo e scrittore. Parla di antispecismo, Animal Studies, veganesimo, ed è considerato uno dei filosofi più interessanti di questa generazione. E fin qua siamo alla parte professionale.
Nel 2022 però è stato denunciato dalla compagna per maltrattamenti. Il processo è in corso.
Chiara Valerio è scrittrice e direttrice di “Più Libri Più Liberi”, la fiera dell’editoria che si tiene ogni anno a Roma. Quest’anno la fiera è dedicata alla memoria di Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio.
Leonardo Caffo viene invitato a presentare il suo ultimo libro a “Più Libri Più Liberi”. Non penso sia necessario spiegare che, magari, anche se ovviamente c’è la presunzione di innocenza, è relativamente semplice capire che invitare una persona indagata per maltrattamenti a una fiera dedicata a una ragazza uccisa dal fidanzato non è una grande idea.
E se non sembra una grande idea a me, penso che sia ancora più semplice per una rappresentante dell’elite intellettuale italiana e per il suo entourage capire che non è una grande idea. E invece pare che non sia così.
Alla fine dopo due giorni di passione Caffo ritira la sua partecipazione alla fiera con una lettera che trasuda passivo aggressivo da ogni parte (“lavoro da anni nelle carceri”, “Se la mia sola presenza rovina una fiera così importante” e tutto il repertorio di chi non ammette di aver sbagliato manco se lo costringono) e Chiara Valerio dice che comunque l’invito rimane valido e il libro lo presenterà lei. E nel dire questo si lamenta dei modi con cui è stata effettuata la contestazione.
Aspetta, ma uno degli slogan non era “Se domani non torno, distruggi tutto”? Oppure sono io che intendo male il termine “Lotta femminista”? Mi ricordavo che la lotta si facesse in modo diverso, ma magari sarò io che sbaglio. E sì, l’ultima frase è volutamente passivo aggressiva.
Alla fine hanno annullato l’incontro e predisposto degli spazi per parlare di violenza di genere. Tipo 3 giorni dopo che era scoppiato il casino, se non erro. Come molte persone hanno commentato, “Troppo poco, troppo tardi”.
Ma visto che qua siamo in un posto in cui si parla di public speaking, cos’è che mi ha colpito parecchio? Quale parte della comunicazione mi ha fatto trasecolare?
(non sentivo la parola “trasecolare” da un sacco, e mi piaceva usarla. Rende bene l’idea)
Quello che non ho capito è cosa ci fosse di così difficile nel chiedere scusa. Cioè, quanto ci voleva a dire “Abbiamo fatto una stronzata?”. Invece no, c’è stato un impuntarsi nel dire “Io ho ragione e siete voi che non capite”, come se essere un’intellettuale desse la patente di poter dire qualunque cosa, fare qualunque cosa, perché dietro c’è un disegno più grande incomprensibile dal popolino.
Sarebbe bastato avere un po’ di obiettività e dire “Uhm, forse avete ragione”, perché era palese la contraddizione tra la dedica a Cecchettin e l’invito di Caffo. E invece no, daje a tenere il punto, a mantenere valido l’invito, a usare soprattutto tutti gli strumenti possibili e tutte le tribune per difendersi. Video social, interviste, ospitate a Propaganda live. Strumenti che tra l’altro non sono accessibili alla controparte. Per gente che dice di battersi contro il privilegio, mi sembra quantomeno una forzatura.
(ah, dimenticavo, uno dei protagonisti della faccenda dice che a lui viene negata la possibilità di parlare. E lo dice in un’intervista su un giornale. Bel modo di negare la possibilità di parlare).
Ma ci voleva tanto a chiedere scusa, fare subito un passo indietro? Non dico capirlo prima ancora di farlo, evitando tutta sta battaglia tra intellettuali e pubblico, ma veramente non riuscite a chiedere scusa e ammettere di aver fatto una stronzata? Quand’è che siete diventati e diventate intangibili, detentori e detentrici della verità assoluta?
Così si sputtana anche tutto il resto. Il rispetto che si ha per la produzione intellettuale delle persone coinvolte se ne va bellamente a fare in c**o di fronte a questo. Libri, interventi, saggi, discorsi meritevoli, basta, tutto distrutto. E per cosa poi? Perché non si è stato in grado di ammettere di aver fatto una cazzata.
Io davvero non so cosa dire. Avevo pensato all’inizio di prendere spunto da questo avvenimento per spiegare l’importanza di saper dire “Ho sbagliato” anche quando si parla in pubblico, ma mi sono fatto prendere la mano e alla fine è venuta fuori solo una tiritera lunghissima e mi sa anche abbastanza incazzata.
Scusatemi.
Parlare a modo
Il TED Talk di oggi non lo consiglio tanto per la bravura tecnica della relatrice (ammetto, ci sarebbe da migliorare anche se il risultato è buono), ma perché l’argomento mi è piaciuto davvero tanto, sia come suono della parola, sia come tema: il rimuginìo.
Parla dello stare sempre a pensare alle cose, a ripensarci, a costruire scenari, a farsi un dialogo interiore che l’unica cosa che fa è aggiungere stress e non risolvere niente. Ho scoperto che a rimuginare si impara, e che non serve. E anche che pensare è sopravvalutato.
Si intitola “Pensare meno, pensare meglio” ed è tenuto da Sandra Sassaroli, pischiatra e psicoterapeuta.
Cose che ho comprato ultimamente
Una pentola in ghisa: avevo una cocotte in ghisa smaltata ed è saltato il rivestimento, e volevo una pentola per fare il pane e quelle robe lunghe che quando sei freelance ti puoi permettere di cucinare mentre sei a casa a lavorare. Questa non è grandissima come capienza devo dire, ma fa egregiamente il suo mestiere. Se però devi fare il pane con 600 grammi di farina e 385 ml di acqua non ci sta. Soluzione: fallo più piccolo.
Un romanzo russo: Io ho odio e amore per Carrère, alcune cose capolavoro e altre vabbè, dai Emmanuel, stavolta meno.
Questo per adesso mi sta piacendo molto ma sono all’inizio, speriamo continui così. Se lo leggi pure tu dimmelo così ne discutiamo.
Dove mi trovi questa settimana
Sabato 30 Novembre alle 21 sono a Torino alla Libreria Luna’s Torta con lo spettacolo “Io sto bene/Io sto male” in cui parlo del mio rapporto con i CCCP. Racconti, aneddoti, letture di canzoni.
L’ho rimescolato un po’ per adattarlo ai tempi moderni, tempi molto interessanti.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
mi abuela ha trascorso gli ultimi venticinque anni in questo grande magazzino chiamato america ha ottantacinque anni e non conosce una parola d’inglese quando si dice l’intelligenza
(Pedro Pietri - Tata)
Per questa settimana è tutto, ti ricordo che sei ancora in tempo per iscriverti al corso di public speaking del 14 Dicembre. Siamo in zona Paolo Sarpi a Milano, dopo il corso andiamo a comprare gli ultimi regali.
Tante care cose e abbi cura di te
La cassettina della settimana
Scusa, chi sei?
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking, comunicazione, poetry slam e stand up comedy.
Insegno a parlare in pubblico in ogni situazione utilizzando il metodo Public Poetry Speaking, che prende degli strumenti anche dal poetry slam e dalla stand up comedy.
Se ti servono un corso aziendale o una consulenza professionale di public speaking, scrivimi a info@cicciorigoli.com.
Sono soprattutto su Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
Che utile il talk su noi rimuginatori. Io faccio parte di quelli rabbiosi e questo speech mi è utilissimo per ricordarmi di troncare il circolo ossessivo in cui ogni tanto mi avviluppo. (Che peccato aver scoperto solo oggi che ieri sera eri a Torino). Grazie
Sono uno di quelli che in questi giorni vive in un pianeta senza notizie e neanche sapevo chi fosse Caffo. Capisco l'arrabbiatura dettata dall'intera vicenda. Mi ha colpito il passaggio "e vabbè che c'è la presunzione di innocenza". Ti faccio una domanda: se l'invito fosse avvenuto a processo concluso e la sua innocenza fosse stata dimostrata, secondo te sarebbe stato opportuno? È una domanda genuina, io non ho una posizione in merito, ma ho sempre fatto fatica a gestire il paradosso per cui "il giudice non si è ancora espresso e fino ad allora per la legge è innocente, ma noi intanto gli assegniamo il marchio di infamia" con conseguenze sulla vita personale e professionale degli imputati (vedi il caso di Kevin Spacey, licenziato in tronco da House of Cards e che per tutto il tempo del processo non ha lavorato, fino alla sua assoluzione).