Il 29 Giugno del 2000 ho dato l’esame di sociolinguistica, poi sono tornato a casa a vedere Toldo che parava 3 rigori su 5 durante Italia - Olanda, semifinale dell’Europeo. Vai a capire perché è tutta la giornata che ci penso, sia all’esame di sociolinguistica sia a Francesco Toldo.
Paolo Nori, uno dei miei scrittori preferiti, ha fatto tutta una serie di esempi in un suo libro in cui associa delle parole a degli aggettivi che vengono usati quasi sempre insieme. Tipo “E se c’è un silenzio, è assordante”. Oppure: “E se c’è un fiato, è sospeso”. O ancora “E se c’è un’emergenza, è abitativa”. Va avanti così per un sacco di tempo ma non mi ricordo in quale libro si trova, spero mi perdonerete.
Ecco, questo è lo stesso pensiero che ho avuto io in questi giorni pre Halloween, in cui i creativi non si sono proprio ammazzati di fatica per trovare un modo per definire le promozioni dei negozi e delle aziende: tutto “Da paura”, “Terrificante”, “Pauroso”, e il risultato è che non te li ricordi, non li guardi neanche più, non ci fai caso. Frasi fatte che non ricorderà nessuno, come dice anche Gianluca Diegoli nella sua newsletter di Halloween.
Uno dei grandi mali della comunicazione è la pigrizia. Scrivere sempre le stesse cose, dire sempre le stesse parole associate agli stessi concetti, troppo facile, troppo dimenticabile tutto. Eppure ci vorrebbe così poco. Tipo quella volta alla scuola media in cui ho preso un voto alto solo perché ho detto una cosa in più rispetto ai miei compagni e alle mie compagne di classe. Ma una cosa proprio piccola, mi ricordo, ed ecco qua, gli altri hanno preso 7, io ho preso 8. Per il resto avevo detto le stesse parole.
Se è così facile, perché non lo facciamo?
Usare frasi fatte: una scoperta rivoluzionaria
Il cervello umano è pigro, e punta sempre a trovare la risposta o la soluzione più semplice. Quello a cui non pensiamo è che anche il cervello di chi ascolta o legge è pigro, e allora se trova qualcosa di già sentito semplicemente non lo registra. Perché dovrebbe farlo, visto che lo sa già? Mi sembra una scelta saggia.
A volte basterebbe mettere un aggettivo meno scontato, una metafora non abusata oppure una citazione meno conosciuta di “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” per ottenere un risultato migliore. Ma niente, non ce la facciamo.
(che poi “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” a Milano l’hanno messa sui cestini della spazzatura. Per dire quanto è efficace.)
A me piacerebbe che ogni tanto qualcosa mi colpisse di più di quanto avviene, che non ci si fermasse alla prima idea che viene in mente. Poi lo so benissimo che non è che possiamo stare a tirare fuori genialate ogni secondo però, ecco, almeno ogni tanto farebbe piacere sentire qualcosa di diverso.
(stavo per scrivere “a ogni pie’ sospinto”, per dire quanto anche io sia schiavo della routine della metafora abusata).
Il TED Talk della settimana (che non è un TED Talk, poi)
La scorsa settimana ho tenuto un workshop intitolato “The Grandma’s pitch”, ovvero “Se riesci a spiegare il tuo lavoro a tua nonna, puoi spiegarlo a chiunque”. Andato anche bene, c’è da dire.
Ho trovato questo pezzo comico di Giorgia Fumo, stand up comedienne che apprezzo molto, e che parla spesso di temi riguardanti il lavoro. Anche lei parla di come sia difficile capire che lavoro fa la gente, ad esempio cercare di capire cosa significa la “Well being manager del building”. Come diceva una mia amica: “Va bene, ma chi ti dà i soldi per pagarti questo caffè americano, eh?”.
Signore e Signori, ecco a voi Il fantastico mondo dei creativi. Come diciamo in Calabria, enjoy it!
Sì, ma nessuno te l’ha chiesto
La rubrica di consigli non richiesti ma metti che ti servano, vai a sapere
Questa settimana un consiglio strano, ovvero un libro che non ho ancora letto. Ma l’ho trovato in offerta su Kindle questo mese e mi sembrava appetitoso: Il lavoro non ti ama.
Parte dal presupposto che la frase “Trova un lavoro che ti piace e non lavorerai mai un giorno nella tua vita” sia una menzogna, e devo dire che me ne accorgo anche io sempre di più. Per dire, quando lavoravo in editoria lo sfruttamento veniva giustificato dicendo “Dovresti ringraziare che ti paghiamo, sai quanta gente vorrebbe fare il tuo lavoro?”.
Se l’hai letto, dimmi cosa devo aspettarmi. Se non l’hai letto e vuoi leggerlo, leggiamolo insieme e poi ne parliamo.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
Certe volte adesso quando dormo sola
mi do un'annusata
e mi chiedo in tutti questi anni è questo
l'odore che ti è stato familiare
e se è così ti piaceva davvero non
sembra gradevole tu stranamente
sudi poco per un uomo tanto attivo ma sai
di dolce quando ti abbraccio di questi tempi
(o tu abbracci me) o appoggio la testa sul tuo
cuscino nel letto so che sei tu
un delicato odore di camino e ti
respiro un po' non sono sorpresa
ti ricordo sempre delizioso(Certe volte adesso quando dormo sola - Grace Paley)
Grazie per aver letto fin qua. E per averlo fatto anche in un giorno inusuale, dalla prossima settimana la newsletter torna di giovedì.
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
“Nessuno ci toglierà i balli che abbiamo ballato”
(proverbio argentino)
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking e poetry slam.
Faccio corsi per parlare in pubblico sia dal vivo sia online, e anche consulenze singole.
Organizzo poetry slam e insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni abbiamo un’agenzia che si chiama Slam Factory. La nostra trasmissione “Poetry Slam!” la trovi su Prime Video.
Ho scritto 5 libri e un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione e mezzo di visualizzazioni quasi a mia insaputa.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
Ciao Ciccio!
Il libro di Sarah Jaffe ce l’ho, ne ho letta una parte e poi (the irony!) sono stata travolta dal lavoro e lo sto leggendo a rate, lentissima, come mi capita spesso con i saggi.
Comunque secondo me è da leggere, peraltro come ex insegnante sfruttata e sottopagata mi sono sentita chiamata in causa da una parte del libro. È un buon antidoto contro tutti i pipponi tipo I love my job e l’identificazione che alcune persone sentono con il proprio lavoro (un’amica a cui l’ho consigliato, parlandone, ha usato la parola “doloroso” per descriverlo e non era particolarmente grata del mio suggerimento di lettura :D )
Comunque quando era uscita la traduzione lo aveva fatto accompagnato da un podcast, ecco il link per chi sia interessato: https://open.spotify.com/show/1i5faoBVIDOsX0skQfWLpq
Io voglio leggere anche Le Grandi Dimissioni di Francesca Coin, per leggere anche un po’ della realtà italiana. Tu l’hai letto?