Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Public Poetry Speaking, la newsletter settimanale che parla di public speaking, business writing, poetry slam e cerca anche di essere simpatica, a volte riuscendoci a volte meno. Quale volta sarà oggi?
Quest’anno ho deciso di inserire alcuni appuntamenti speciali in cui, partendo da un TED Talk, vedremo come rubare alcune idee e come vengono strutturati quei discorsi che, ammettiamolo, spaccano.
Non so se si usi ancora dire “spaccano”, magari è diventata una di quelle espressioni passate di moda che io reputo ancora giovanili. Senza considerare quanto fa vecchio la parola “giovanile”. Ma andiamo avanti.
Dicevo, ogni tanto andremo a vedere come funzionano i discorsi fatti bene, cosa possiamo imparare e come possiamo trarne delle lezioni per quando anche noi ci troviamo sul palco o a parlare in pubblico.
Pensavo di chiamarlo “Anatomia di un TED”, ma sarebbe sembrato quantomeno macabro e provinciale, quindi ho deciso di chiamarlo “TED’s Anatomy”, che è la stessa cosa ma fa più internazionale. In caso questo nome dovesse ricordarti quello di una famosa serie televisiva ambientata in un ospedale, sì, lo so, l’ho fatto apposta.
Avevo già fatto qualcosa del genere con un TED Talk sullo sport qualche mese fa, oggi parliamo sempre di sport ma in maniera laterale, visto che si tratta di scacchi. Ma non sono solo pedoni e alfieri e cavalli, stavolta in mezzo c’è anche l’intelligenza artificiale, e a parlarne è nientemeno che il primo Campione del mondo di scacchi battuto da un computer nel lontano 1997: Garry Kasparov.
Ti metto qui il TED Talk, che puoi guardare adesso oppure dopo aver letto il resto della newsletter. Hai facoltà di scegliere.
(A me su YouTube ha dato qualche problema con i sottotitoli in italiano che erano fuori sincro, ti lascio anche il link al talk originale dove i sottotitoli funzionano: lo trovi qui)
TED’s Anatomy: Garry Kasparov
La giusta presentazione
Partiamo dall’incipit: Garry Kasparov è uno dei più famosi campioni di scacchi della storia, forse il più grande scacchista di sempre. Eppure non inizia partendo subito da quello che è successo quando è stato sconfitto da un computer, ma racconta quello che c’è stato ancora prima: è diventato campione del mondo di scacchi a 22 anni, ha giocato 32 partite in simultanea contro dei computer battendoli tutti, e poi ha partecipato a una sfida uomo contro macchina che è andata sulla copertina del Newsweek.
In un minuto soltanto ci ha fatto sapere chi è e perché è titolato a parlare, e anche se non sappiamo chi sia Garry Kasparov oppure cosa abbia fatto di importante, sappiamo già tantissimo di lui.
Poche parole, pochi avvenimenti, ma che dicono tutto quello che devono dire. Non bisogna necessariamente esibire tutto il curriculum.
Cambio di prospettiva
Anche se si fosse limitato soltanto a raccontare la storia dello scontro con Deep Blue, il computer dell’IBM che l’ha battuto, sarebbe stato sufficiente. Ma quella storia è abbastanza nota, e non avrebbe aggiunto molto al racconto se non soltanto un bell’aneddoto. Ma Kasparov non si limita a fare questo, ma racconta quello che solo lui può conoscere: le sue emozioni quando si trovava di fronte alla macchina invece che a uno scacchista vero, quello che ha imparato, cosa è successo dopo in seguito a quella sconfitta.
Ecco, anche questo dovremmo ricordarci quando parliamo di fronte ad altre persone oppure quando scriviamo: serve dire qualcosa che solo noi possiamo sapere, o che abbiamo elaborato, senza timore di esporci. Altrimenti raccontiamo qualcosa che già esiste e che presumibilmente il pubblico già conosce. E sai che noia sapere già le cose e sentirsele pure ripetere.
Autorevolezza e autoironia
Kasparov è uno che già solo per il fatto di starlo a sentire ti senti un privilegiato, e potrebbe stare tutto il tempo a lodarsi. Invece no, si prende in giro, scherza su quando “i computer erano deboli e i suoi capelli erano forti”, parla sorridendo di una sconfitta, insomma, non fa mai quello che a Milano si chiama Il ganassa. Spero che questa parola sia facilmente comprensibile anche per chi mi legge da fuori Milano.
Questo gli fa perdere autorevolezza? Al contrario, lo avvicina al pubblico e rende tutto più efficace. L’autorevolezza non è sinonimo di serietà, anzi.
Tempo al tempo
Infine, ultima cosa: il tempo corretto nei TED Talk è 15 minuti. Quanto fa lui? 15 minuti e 12 secondi, applausi inclusi. Se penso a quelli che dicono “Ancora una cosa e chiudo” e vanno avanti altri 10 minuti, mi sale il nervoso. Meglio che mi calmo, guarda.
PS: C’è molto da imparare da questo talk, ma c’è anche una cosa da imparare a NON fare: a un certo punto Kasparov fa il gesto delle virgolette con le dita. Ecco, no, non farlo. Non fare quel gesto delle virgolette con le dita. Non so se sono riuscito a far passare quanto io odi quel gesto. Disegna cerchi nell’aria, tieni le dita come i pizzaioli italoamericani (come fa anche Kasparov nel video), ma non fare le virgolette con indice e medio levati in aria. Lo dico per il tuo bene.
PS2: ti rimetto qui il link al video, metti che non ti vada di scrollare fino in alto per ritrovarlo: eccotelo qua.
Il Santo del giorno
Ritorna la rubrica per scoprire nuovi Santi e nuove Sante quando quelli da invocare, nel bene o nel male, lз hai già finitз tuttз.
Quando pensiamo alla guerra pensiamo a gentaglia armata, pronta a tagliare la gola a chi si trovi davanti, insomma, di certo non a dei santi. Eppure San Maurizio era esattamente uno di quel tipo. E non solo lui, anche tutta la sua squadra, la temutissima Legione tebana.
Succede che questa legione fosse non solo temutissima, ma anche devotissima al Dio cristiano. Quando chiedono loro di partecipare ai sacrifici per gli dei in onore di una vittoria, si rifiutano e vengano prima decimati e infine uccisi. E per questo li hanno fatti santi, perdonandogli tutti i nemici uccisi in battaglia e anche gli innocenti che di sicuro saranno caduti come “danni collaterali”. E io che quando ero cattolico mi preoccupavo di andare all’Inferno perché avevo commesso atti impuri.
Comunque, la nota divertente è che San Maurizio, africano, è conosciuto anche come Saint Moritz. Sì, esattamente come la nota località sciistica svizzera. Mi sembra quantomeno ironico che una delle località più esclusive per i bianchi ricchi sia dedicata a un uomo dalla pelle scura.
Beccatevi questo, capitalisti caucasici!
Letterine dal mondo
Ogni tanto pensavo di consigliarti qualche altra newsletter, metti che ti interessi.
Questa settimana la newsletter da seguire è Rame. Finalmente qualcunǝ che parla di soldi in maniera comprensibile e senza ipocrisia. Oltre alla newsletter, ci sono anche un podcast e dei suggerimenti, ti consiglio tutto il pacchetto completo.
Arriva il mercoledì.
Frasi da giocarsi agli aperitivi
“C'è l'imbarazzo della scelta, ma più che altro c'è l'imbarazzo”
Marracash - Pagliaccio
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Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
PS: la prossima settimana lancerò un nuovo corso di public speaking. Stavolta sarà in presenza, si terrà entro la prima metà di Novembre a Milano e durerà 8 ore in tutto. Spero ti piaccia questo ritorno al live.
La biografia del titolare
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking, business writing e poetry slam.
Collaboro con alcune aziende per elaborare strategie di comunicazione e scrivere testi che funzionano, piacevoli da leggere.
Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo (quando possibile) sia online, e anche consulenze singole.
Organizzo poetry slam e insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni abbiamo un’agenzia che si chiama Slam Factory. La nostra trasmissione “Poetry Slam!” la trovi su Prime Video, anche se nella descrizione mi chiamano “Ciccio Regoli”, vai a capire perché.
Ho scritto 5 libri, l’ultimo è un manuale sul poetry slam.
Ho scritto un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
In questa newsletter trovi delle ə e delle з invece del maschile diffuso perché cerco di usare un linguaggio inclusivo. Se non ti piace il linguaggio inclusivo, io qualche domanda me la farei, francamente.