Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è la versione estiva di Public Poetry Speaking. Sono 4 newsletter più personali del solito dal titolo “Tattica strategia abnegazione forza”, qui trovi quella della scorsa settimana dedicata alla tattica. Oggi parlo di strategia, visto che l’ordine è quello. Credo tu abbia già intuito di cosa parlerò giovedì prossimo.
La mia amica Roberta Ragona, meglio conosciuta come Tostoini, è a mio avviso una delle migliori illustratrici italiane. Sono un suo sostenitore su Patreon (e a mio avviso dovresti esserlo anche tu), e ogni tanto invia ai sostenitori dei gadget. Uno degli ultimi è stato un adesivo, bellissimo, con il disegno di un opossum e la scritta: “We don’t fight, we don’t flight. We just freeze”. Si chiama Tanatosi, ed è la strategia di fingersi morto messa in pratica dall’opossum quando viene attaccato. Di solito funziona, se sei un opossum. Se sei un uomo, già di meno.
Negli ultimi anni, ragionando, mi sono accorto che spesso invece di combattere o volare mi sono limitato alla tanatosi. Non contrastare, non rispondere, restare fermo, immobile come Prodi nel famoso sketch di Guzzanti, finché non fosse passata la tempesta. Ho scoperto che non funziona, sarà che non sono un opossum.
Quando non ho applicato la strategia dell’opossum, mi sono limitato a quella del bravo soldatino: sempre nelle retrovie, sempre a evitare i compiti pericolosi, sempre a obbedire agli ordini e a evitare quanto più possibile i guai. Poi a un certo punto ti arrivano tutti i conti neanche ti trovassi in una canzone di Ligabue. E a quel punto hai voglia a fingerti morto.
La strategia del soldatino
Io so ogni tanto di avere delle buone idee. Non sempre, ma a volte arrivano. La quantità di buone idee che tiro fuori quando mi trovo con altre persone credo sia però a malapena l’1% di quello che vorrei dire. E diverse volte mi è capitato poi che altri dicessero quello che io avevo in mente ma non avevo avuto il coraggio di dire. Facendo poi spesso la figura di quello che non si espone mai, non dice mai niente, e dando all’esterno l’impressione di essere uno che non ha proprio niente da dire. Peccato, eppure sembrava un così bravo ragazzo, così intelligente. Ci deve essere stato qualche errore nella valutazione.
Soprattutto fino ai 35 anni, quando potevo evitare la discussione, la evitavo. Lo faccio ancora oggi, ma meno. E quando lo faccio mi sento l’ultimo degli scemi, perché ancora una volta me ne sono stato in quell’angolo lì dove pensavo nessuno mi potesse vedere e niente potesse succedere, e invece mi vedevano benissimo.
Ho nascosto per anni quello che sapevo tenendomi lì a metà strada, sulla soglia del sette in una ipotetica scala da uno a dieci, senza mai andare oltre quando avrei potuto farlo. Sì, qualcosa che magari funzionava c’era, ma era sempre qualcosa che andava benino. Un vero e proprio Maestro del benino, sono stato per anni. Poi niente, mi sono accorto che quel benino non serviva a niente. Poteva andare peggio, potevo restare nel limbo del benino per sempre e non accorgermene.
A un certo punto sono scoppiato. Di quello che ho fatto negli anni passati rimane ben poco di concreto: non ho più quella famiglia che avevo, non ho più quel lavoro, non faccio più spettacoli come li facevo ai tempi. E sai cosa c’è? Va bene così. Cioè, è molto più difficile, ma mi riconosco un po’ di più. Basta strategia del bravo soldatino, che quello a cui puoi ambire al massimo è una medaglia dopo che sei morto per la tua fedeltà alla causa.
Sarebbe facile dire che è Sindrome dell’impostore. La Sindrome dell’impostore ormai pare sia diventata una specie di status symbol necessario. No, non è quella. La Sindrome dell’impostore mi sembra una specie di giustificazione, e io di giustificazioni non ne ho più tanta voglia.
C’è un proverbio che dice: “Chi non fa non faglia”, e oggi mi sembra proprio una stronzata. Io la intendo come gli Americani, che sono più spregiudicati e hanno coniato il detto: “Get rich or die tryin” per dire che comunque bisogna provarci. Oddio, magari restando in vita, quello non sarebbe male. E a dirla tutta ho anche abbandonato l’idea di diventare ricco, ma del resto non è che me ne sia mai importato granché. Mettiamola così: oggi preferisco provarci, ecco.
Poi non lo so come andrà. Ma alla fine dei conti, almeno ci ho provato.
Qualche appuntamento
Giovedì sera c’è la finale del torneo di poetry slam a Zelig, in cui sono dj con facoltà di parola. 6 slammer che sanno quello che fanno, fossi in te ci verrei.
Lunedì invece c’è il terzo appuntamento con il “Maledetto lunedì” di BASE: poetry slam con poeti vivi e morti, e una performance subito dopo. Andiamo avanti fino al 18 Luglio, ma la serata è bella, c’è un bel clima, vuoi forse restare a casa a guardare Techetecheté?
Anche per questa settimana è tutto, se ti è piaciuta la newsletter e vuoi inoltrarla o condividerla, puoi farlo col simpatico pulsantone qua sotto.
Ci sentiamo giovedì prossimo per parlare di abnegazione. Che bella parola è abnegazione, eh?
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio