La pervasività dello spiegone
Ma è davvero necessario spiegare sempre tutto con un sacco di parole?
Google Maps dice che a Marzo ho fatto 1.921 chilometri con il trasporto pubblico (treni, autobus, metro), 460 chilometri in macchina e 40 chilometri a piedi. Poi un giorno mi sono fermato e mi è venuta la febbre, credo per una vendetta del Capitalismo visto che è arrivata di domenica.
C'è una tendenza che si sta affermando in giro ed è quella dello spiegone. Non mi ricordo dove l'avevo sentito ma qualcuno (credo Alessandro Cattelan che riportava non so chi) diceva che su Internet funzionano essenzialmente due cose: gli sketch e lo spiegone.
A pensarci, oh, è vero. O fai delle robe che fanno ridere e in diversi casi sfiorano o entrano a piedi uniti nel cringe, oppure stai lì a spiegare la rava e la fava e a dire come funziona la guerra, come si coltivano le ortensie, come si fanno le ricette. Una marea di parole, spiegazioni di ogni tipo, gente che ti fa capire come si sta al mondo in solo un minuto e mezzo se stai su Instagram, in trenta minuti se stai su Youtube, in una o due ore se stai su un podcast.
(o anche sette puntate da un'ora se stai su Netflix o su altre piattaforme, che certe volte dovrebbero anche capire che basterebbe molto meno. Ma è l'economia dell'attenzione, baby).
In più certe volte mi sembra che tutto debba essere spiegato anche quando non è necessario. Per esempio, c'è un giornale online a cui sono anche abbonato e che non nominerò direttamente ma possiamo definire "Quello delle cose, spiegate bene". Ecco, io capisco pure spiegare bene le cose, ma è necessario ogni volta che viene nominata la Champions League specificare "La maggiore competizione europea di calcio maschile"? La Champions? C'è qualche alieno che non ha la più pallida idea di cosa sia la Champions League e non abbia neanche voglia di andarselo a cercare autonomamente?
Io capisco spiegare bene le cose, però ecco, anche meno bene e approfonditamente a volte.
Questa tendenza allo spiegone la vedo riverberarsi in alcuni casi anche nel poetry slam e in generale nella poesia performativa, ma forse qua devo fare "Il poetry slam, spiegato bene". Se sai già di cosa si parla, salta pure al paragrafo dopo.
Il poetry slam, spiegato bene
Il poetry slam è una sfida tra poeti che si sfidano in due round più una finale. Una delle regole del poetry slam è che ogni esibizione deve durare un massimo di tre minuti. Oltre i tre minuti, c'è una penalità.
Ogni poesia viene votata da una giuria di cinque persone scelte a caso tra il pubblico, le altre due regole del poetry slam sono che non puoi usare costumi o musiche di scena, e che le poesie che porti sul palco devi averle scritte tu.
Fine dello spiegone.
Torniamo a bomba
Dicevo, la tendenza in alcuni casi è di buttare fuori centinaia di parole in tre minuti. Se ci avevano insegnato che la poesia lavora per sottrazione e che rispetto alla prosa deve usare meno parole possibile, qua siamo al contrario. Ti devo dire tutto e il contrario di tutto, spiegare ogni passaggio, rimarcare alcune cose perché non si sa, magari non ti erano arrivate prima. E io mi chiedo: "Ma è necessario?".
Per carità, ci sono poeti e poete eccezionali che riescono a usare molte parole e a fare comunque poesia, però in alcuni casi sembra che serva soltanto per sviare l'attenzione. Ricoprire sé stessi e il pubblico di parole per ammantare tutto di un'incredibile serietà. Come a scuola, sembra che più cose dici, più prendi un voto alto.
Pare che si sia persa la favolosa arte dell'editing, del taglio. Ad aggiungere parole ci sono tante persone, a tagliare bene molte di meno.
Giovanni Lindo Ferretti dei CCCP (in quel giornale online lì avrebbero aggiunto "il cantante di uno dei più influenti gruppi punk italiani degli anni Ottanta", ma mi auguro tu non abbia bisogno di questa spiegazione) ha scritto una canzone, Annarella, che in tutto ha 37 parole, 176 caratteri (spazi inclusi).
Ferretti racconta che quel testo deriva da una specie di lettera che aveva scritto a suo padre, morto da molti anni. Una lettera in cui aveva scritto tantissimo, gli aveva raccontato tantissime cose, era composta da moltissime pagine. Poi si era accorto che la maggior parte delle parole erano superflue, e che sarebbero bastate quelle 37 per dire tutto.
Mi auguro tu la conosca, quella canzone, in ogni caso la trovi sotto nelle poesie brevi per chi ha poco tempo.
Umberto Eco diceva anche che la differenza tra i film porno e gli altri film non stava tanto negli argomenti trattati, ma nel fatto che nei porno si vedesse esattamente ogni cosa, tutto quanto è fin troppo esplicito, mentre negli altri film ci sono delle ellissi, dei segnali, delle metafore e dei non detti che vanno interpretati.
Ecco, a volte temo che si dica fin troppo nelle poesie. Tagliare, togliere, eliminare, non spiegare sempre tutto, ridurre a quello che veramente c'è da dire, questa potrebbe essere una via interessante. Anche perché riuscire a dire in poche parole qualcosa di interessante è molto difficile, ed è lì che si vede la differenza tra chi ha qualcosa da dire di nuovo e chi no.
Il TED Talk della settimana
Stefan Sagmeister per me è un grande mistero. Designer, e anche uno dei più rispettati speaker nei TED, ma sembra non abbia praticamente nulla delle caratteristiche associate a chi parla sul palco. Lento, pacato, a volte sembra quasi non si capisca dove voglia andare a parare.
E invece credo di aver capito il segreto: non parla per frasi fatte o per frasette motivazionali, ma parla di sé. In questo talk parla di 7 regole per la felicità, e non dice qualcosa che ti aspetteresti. Parla delle sue sette regole, che magari non servono a me direttamente ma mi portano a chiedermi: quali sono le mie 7 regole per essere felice?
Nice move, Stefan.
(poi c’è quel fatto che quando dice “Work” lo dice con la W alla tedesca come in Wolksvagen e niente, mi basterebbe quello)
Senti, senti
Sto ascoltando un podcast, arrivando credo buon ultimo ma chi lo sa, magari non lo conoscevi neanche tu. Si chiama Love bombing e racconta storie di amore tossico, narcisismo, atteggiamenti settari e ha come sottotitolo “Tutti quanti siamo pronti per entrare in una setta”.
E ti accorgi della banalità del Male, di come anche persone intelligenti e ineccepibili siano cadute in trappole che pensiamo impossibile possano capitare a noi.
Ti ritroverai a dire “Ma no! Ma dai! Ma non è possibile!” un sacco di volte. Eppure, è possibile.
E dove ti troviamo in questi giorni?
Qualche serata in meno in questo periodo, ma comunque non è che si stia proprio fermi fermi.
Sabato 30 Marzo, terza serata eliminatoria di “L’ultimo metrò poetry slam”. Conduce il dinamico duo Francesca Pels/Ciccio Rigoli;
Mercoledì 3 Aprile, sempre lo stesso dinamico duo al Limoni Poetry slam a Ostello Bello Milano Duomo.
Poi sto pensando a una cosa riservata, ma magari te la dico più in là, vediamo.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così
Non dire una parola che non sia d'amore
Per me, per la mia vita che è tutto quello che ho
È tutto quello che io ho e non è ancora
Finita
(Giovanni Lindo Ferretti - Annarella)
Bon, per questa settimana è tutto, ci risentiamo tra due settimane. Se vuoi scrivermi, sai dove trovarmi.
Se ti va di condividere questa newsletter sui social, girarla a delle persone a cui potrebbe piacere, leggerla ad alta voce durante il pranzo di Pasqua, insomma, puoi farlo, io sono ben contento. Magari chi è con te a pranzo no, ma capirà.
Intanto Buona Pasqua, e ricordati che nell’eterna diatriba tra panettone e pandoro bisogna essere terzisti e scegliere la colomba.
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
“Nessuno ci toglierà i balli che abbiamo ballato”
(proverbio argentino)
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking e poetry slam.
Faccio corsi per parlare in pubblico sia dal vivo sia online, e anche consulenze singole.
Organizzo poetry slam e insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni abbiamo un’agenzia che si chiama Slam Factory. La nostra trasmissione “Poetry Slam!” la trovi su Prime Video.
Ho scritto 5 libri e un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione e mezzo di visualizzazioni quasi a mia insaputa.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
Quando penso a GLF penso alla foto con Meloni, e questo è tutto quello che so sulla capacità della memoria di sovrascrivere informazioni belle con immagini orrende
Sono completamente d'accordo con te a metà. Quella meravigliosa capacità di sottrazione che hai definito è proprio tipica di un giornalismo fatto bene. Quella che tu vedi come un'esplicitazione superflua è in realtà il frutto di anni di sintesi e sottrazione. Pensaci: un buon giornalista non può mai dare per scontato che il lettore conosca tutto quello di cui sta parlando, altrimenti mette a rischio la comprensione dell'intero testo. E quindi ricorre a questi incisi collaudati che fanno parte di un idioma specifico, quello giornalistico appunto, creatosi e affinatosi nel corso di decenni. Se è vero che devi vivere sotto un sasso per non sapere cosa sia il calcio, è altrettanto vero che è molto più probabile che la maggior parte delle persone non sappia cosa sia la Champions League. La bravura del giornalista sta proprio nel selezionare all'interno del suo testo quelle che potrebbero essere le lacune di chi legge, e fornirti l'informazione più corretta ed esaustiva in due parole. Questa è proprio la quintessenza del lavoro di sottrazione di cui parli! (a differenza del mio commento, io purtroppo vivo di pipponi 😄)