Il ritorno del signore che entra in un caffè
Le barzellette che sentivo una volta e non se ne andranno mai
“La comicità è matematica, Seppia. In America applicano delle equazioni per far ridere, usano dei programmi per computer. Se A+B=C, C-B=A. Questa è la comicità, capito?”
(Stanis LaRochelle, da Boris S1E05)
Io di mio non sono una persona ironica. Cioè, faccio proprio fatica a capire l’umorismo, di base, e penso di averlo imparato soltanto con il tempo.
(Effettivamente sarebbe strano fare spettacoli comici da oltre vent’anni senza sapere cosa sia la comicità).
Posso a buona ragione dire che la maggior parte del mio senso comico si è formato sui libri di barzellette e sulla visione dei programmi comici degli anni Ottanta e Novanta. Ho sempre seguito la comicità, ho sempre guardato i programmi comici, a un certo punto tipo vent’anni fa ho cominciato pure a fare il comico, per dire quanta comicità avevo vista e letta e vissuta.
C’è un’altra cosa che ho imparato ed è che la comicità invecchia a una velocità devastante.
Pensaci: se prendi Romeo e Giulietta, o anche una tragedia greca, e la metti in scena, funziona ancora adesso. Certo, portata in scena da attori cani magari è noiosa, ma fatta bene una tragedia fa ancora commuovere. Perché il meccanismo del dramma non invecchia, funziona ancora che è una bellezza.
Prova invece a portare in scena una commedia di Plauto, o di Aristofane. O anche solo uno sketch da avanspettacolo degli anni Cinquanta. Può farti sorridere, forse, ma difficilmente ti fa ridere. Bisogna attualizzare, modificare, rendere tutto più aderente alla sensibilità odierna. Le battute vecchie non fanno più ridere. E in più una battuta, sentita una volta, è bruciata, finita, non la puoi più ripetere.
Probabilmente chi ha detto per la prima volta “Un uomo entra in un caffè. Splash!” avrà fatto venire giù i teatri con questa battuta. Ma se la fai adesso dubito qualcuno possa stupirsi. Almeno una volta che ha superato i dieci anni, intendo.
Certo, ci sono i geni tipo Totò o Walter Chiari che fanno ancora ridere, ma lì siamo di fronte all’eccezione, non alla regola. E in ogni caso, provare a rifare quelle battute nella maggior parte dei casi non farà ridere più.
E allora perché sento ancora le stesse barzellette?
Detto questo, una roba che io non riesco proprio a comprendere sui social è l’utilizzo spudorato di vecchie barzellette, vecchie battute, all’interno di pagine comiche di successo. Oppure rifatte da sedicenti comici e comiche, che ripescano a piene mani da un repertorio passato e che, devo ammettere, funzionano pure in termini di successo di pubblico e follower. E strabilio, non riesco a comprendere come sia possibile che facciano ancora ridere e siano così seguite.
(Cioè, io non rido, però sono anche un addetto ai lavori, se mi passi il termine).
Ancora di più mi stranisce la raffica di “Genio!”, “Questa mi ha steso”, “LOL” che trovo nei commenti. Non ho nulla contro chi gestisce queste pagine, anzi, penso faccia benissimo e che non sia semplice tirare fuori tante battute in continuazione e quindi qualcosa la devi pur rubare. Però, e che miseria, c’è bisogno di risentire ancora battute sul signore che entra in un caffè, splash?
Quindi, che fare?
Ti confesso che ogni tanto me lo chiedo se serva inventare cose nuove, trovare meccanismi diversi, cambiare prospettiva, se poi alla fine dei conti la maggior parte della comicità da social si basa su pochi meccanismi e sui giochi di parole (i giochi di parole, mio dio, ancora i giochi di parole).
E penso che sì, che serva mettersi a cercare qualcosa di non sentito, che alla fine continuare a sfruttare meccanismi usurati può anche funzionare nell’immediato, e può semplificare il lavoro, ma a cosa serve riproporre sempre le stesse cose? A chi giova? Che contributo diamo facendo sentire e vedere sempre le stesse cose?
“A fare che?”, debutta il nuovo spettacolo
Giovedì 12 Dicembre alle 21:30 alla Battagliera di Via Palmanova 56 a Milano debutto col nuovo spettacolo “A fare che?”.
Uno spettacolo in cui parlo di analisi della sconfitta, startup fallimentari, metodi alternativi per pagare l’affitto e Mauro Repetto. Poi anche di altre cose, ma intanto questo mi sembra già parecchio.
Sul palco ci sono io, il mio basso a 3 corde, un microfono e tanta voglia di lotta e di governo. E poi, alla fine, karaoke.
PS: Se vuoi portare un mio spettacolo nella tua zona, non hai che da chiedere.
La poesia (non) ci salverà
Poco tempo fa il mio amico e socio Paolo Agrati ha registrato una sua versione di “Sidun” di Fabrizio De Andrè, traducendo il testo, recitandolo e tirandone fuori un video.
Da questa esperienza è partita la voglia di fare qualcosa, di far sentire la voce di chi ha qualcosa da dire contro la guerra, ben sapendo che la poesia non ci salverà, ma a volte è tutto quello che abbiamo. Per questo abbiamo organizzato una giornata al Bloom di Mezzago, il 2 Febbraio 2025, in cui vogliamo mettere assieme chi ha a che fare con la poesia, l’arte, la musica e ha voglia di partecipare insieme a noi.
Abbiamo lanciato una call for artists, stiamo raccogliendo le adesioni. Se vuoi partecipare basta mandarci la tua candidatura.
SLAM Master: un corso di poesia, poetry slam e spettacolo
Un altro progetto di cui vado particolarmente orgoglioso è SLAM Master, il workshop di poesia, poetry slam e spettacolo che abbiamo organizzato con SLAM Factory.
3 sabati, una volta al mese, in cui partiremo da come si scrive una poesia, a come si porta in scena nei poetry slam, per arrivare alla costruzione di uno spettacolo vero e proprio.
I docenti siamo io, il già citato Paolo Agrati e Davide Passoni. Si inizia il 25 Gennaio, e sarà dal vivo a Milano.
Sulla nostra pagina trovi tutte le informazioni, se vuoi puoi già preiscriverti perché i posti sono soltanto 12 e stanno andando via subito.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
Qualcuno mi ha detto
che certo le mie poesie
non cambieranno il mondo.Io rispondo che certo sì
le mie poesie
non cambieranno il mondo.(Patrizia Cavalli)
Scusami se questa puntata ha avuto soprattutto informazioni di servizio, ma è un periodo di grandi progetti, grandi sogni e grandi stanchezze, come credo sia necessario alla fine dell’anno.
Ci risentiamo la prossima settimana prima della pausa natalizia, facciamo un bel recap di quest’anno, il Ciccio Rigoli Wrapped praticamente. Sarà necessario? Può darsi.
Tante care cose e abbi cura di te
PS: il 15 Dicembre faccio il compleanno, e come regalo mi piacerebbe superare i 3mila follower su Instagram. Ne mancano una ventina, mi dai una mano?
Miii, quante porte che mi hai aperto, con questa newsletter. Cerco di andare per ordine.
Quando ero alle medie ci portarono a vedere l'Anfitrione di Plauto, con una forte caratterizzazione napoletana: morimmo dalle risate, ma la trama quella era. È come dici tu: l'adattamento al gusto moderno e l'interpretazione fanno grossa parta del gioco. Poi vabbè, l'umorismo di Shakespeare salta fuori dai suoi testi anche nelle sue tragedie e il sorriso te lo strappa anche solo leggendo. Ma in scena è diverso. Fu lo stesso Luttazzi ad aprire uno dei suoi libri con la frase: tre volte meno divertente che a teatro.
Luttazzi - pace all'anima sua - lo cito anche perché era un grande studioso di comicità, come se fosse la scienza di cui parlava Stanis. Ti faccio anche un altro esempio, Jimmy Fallon: lui ha passato tutta la sua giovinezza a studiare e prendere appunti sugli sketch del Saturday Night Live per capirli fino in fondo, prima di essere assunto nella squadra. Secondo me, quanto ti ci immergi per così tanto tempo, alla fine per osmosi le apprendi le cose. Questo spiega anche il tuo caso, nonostante tu ritieni di essere privo di ironia (vabbè, poi in molti casi c'entra anche il talento).
Anche io sono perplesso di fronte a successi come quelli di Ugolize e Sio, ma non di certo sorpreso. Per quanto riguarda Ugolize - che vedo che ti ha già risposto - la risposta è semplice: per noi sono battute vecchie, per le nuove generazioni sono inedite. E il format le ripropone comunque in maniera innovativa. Ce lo insegna Hacking Creativity che alla fine le idee originali sono pura utopia: la creatività sta nel creare qualcosa di nuovo unendo assieme cose già esistenti.
La stessa comicità di Sio è figlia di un periodo in cui andava molto la comicità random, quella dei primi anni duemila, caratterizzata su tutti da I Griffin, e poi copiata in mille altre serie... E infatti, almeno a me personalmente, dopo un po' ha stancato: i Griffin non mi hanno fatto più ridere (la loro comicità venne criticata fortemente anche in una puntata di South Park... quello sì, geniale). E anche Sio dopo un po', a vedergli fare sempre le stesse cose senza senso, mi ha scocciato ed è sparito dal mio radar. Molto meglio - e più difficile - la commedia situazionale, in cui devi caratterizzare forti personaggi e farli agire su una piccola trama. Che, se ci pensi, è quello che fanno anche gli stand up comedian, che ti dipingono una scena prima di far muovere i suoi protagonisti immaginari all'interno (che siano se stessi o altri).
Credo di aver detto tutto. Ah, solo un'ultima cosa: non scusarti per le comunicazioni di servizio. È la tua newsletter, ci fai quello che vuoi, e se non parli qua delle tue cose, dove dovresti? Anzi, meno male che lo fai dopo averci agganciato con un contenuto interessante: ce ne sono alcune in cui mi devo sorbire il resoconto delle ultime vicende di chi scrive, prima di arrivare alla ciccia. XD
Ciao Ciccio, mi è stato inviato il pezzetto in cui analizzi la comicità e le battute, sono il fondatore di Ugolize :)
In generale sono d'accordo con te, quello che è fondamentale sottolineare però è che le battute in questione sono pubblicate come vignette social sotto forma di contenuto "mordi e fuggi", non hanno la pretesa di essere uno spettacolo comico né tantomeno di essere innovative e rivoluzionarie. Il piano editoriale di Ugolize è di circa 14 contenuti a settimana, da oltre 8 anni, e puoi bene immaginare che oltre a contenuti nuovi sia necessario includere anche cose già viste, reinterpretate però con i nostri personaggi.
E dal mio punto di vista è proprio quello che fa la differenza, cioè che le rifacciamo "a modo nostro", con l'espressività dei nostri omini e con la nostra chiave comunicativa. Potrà sembrare poco, ma nella mole di contenuti che facciamo si amalgamano bene con la comunque alta frequenza di inediti.
Per concludere è fondamentale capire cosa cercano le persone: quando guardano un nostro contenuto cercano un momento di leggerezza, non la risata a crepapelle (se poi la trovano, meglio). Quindi, capito questo punto, si può comprendere perché anche battute già sentite possano comunque far sorridere l'utente medio e gli facciano lasciare il like.