Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Public Poetry Speaking, la newsletter settimanale che parla di public speaking e poetry slam con quel piglio garibaldino che tanto piace ai giovani d’oggi. Ammesso che i giovani usino ancora l’epiteto “piglio garibaldino”, che resta comunque un gran bel modo di dire.
Ultimamente sto lavorando per un’azienda che si occupa di caffè e una delle prime cose che ho imparato è che in tanti ristoranti fanno bene da mangiare ma fanno un caffè orrendo. E visto che il caffè è l’ultima cosa che si consuma prima di andare via, e che il caffè è il sapore più persistente dopo il tabacco, capita che si mangi bene ma si rimanga insoddisfatti perché si è chiuso male il pasto. Vale la pena rovinare un pranzo o una cena con tutti i crismi solo perché si sbaglia a fare il caffè?
Ecco, tante volte ho visto spettacoli oppure film o anche presentazioni in pubblico che magari partivano bene, proseguivano egregiamente e poi crollavano sul finale. Senza contare quel momento di silenzio quando il discorso finisce e nessuno applaude perché non ha capito che era la fine. Forse in tedesco esiste una parola per definire quel momento sospeso e infinito di silenzio prima che qualcunə decida di battere le mani per risolvere la situazione.
Oggi vediamo come lasciarsi bene con il pubblico, e come evitare quel momento di imbarazzo che non auguro a nessuno.
L’importante è finire
In ogni relazione speriamo sempre alla fine di lasciarci bene. Quando usciamo la sera speriamo che tutto sia perfetto dall’inizio alla fine. Quindi non è che la fine sia un momento da non considerare, o che sia necessario concentrarsi soltanto sui momenti centrali oppure, come abbiamo visto la scorsa settimana, sull’inizio. Bisogna curare tutto, da quando si comincia a quando si finisce. Vediamo quindi come possiamo chiudere alla grande un discorso, un incontro, insomma, un’occasione in cui ci troviamo a parlare di fronte ad altre persone.
Come diceva quellə…
Un modo semplice e funzionale per chiudere un discorso è usare le parole di qualcun altrə. Semplice, facile, efficace. Un po’ abusato se vogliamo, ma se una cosa funziona perché dobbiamo buttarla via?
Quindi, cerca una citazione magari poco conosciuta, e non la solita “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” di Gandhi che mi sono ritrovato pure sui cestini della spazzatura (giuro, a Milano l’avevano scritto sui cestini della spazzatura, vai a capire perché). Una citazione di solito fa capire che hai finito, quelle parole lì ci staranno bene e non dovrai pensare troppo a come chiudere in maniera scoppiettante. Invece che dirlo a parole tue, ogni tanto puoi dirlo a parole loro.
Amare significa non dire mai “Ho finito”
Quanto è brutto chiudere dicendo “Ho finito”, perché nessuno ha capito che la presentazione si chiudeva lì? O peggio ancora dire “E questo è quanto”. Ma quanto cosa? In chili? In ettolitri? In iarde?
Fai capire che hai chiuso in maniera chiara, netta e incontrovertibile. E cerca di far scattare l’applauso, se possibile e se ti trovi davanti a una platea abbastanza numerosa. Se di fronte a te ci sono due persone, ecco, magari no, anche perché l’applauso potrebbe essere ancora più imbarazzante.
“Grazie”
Dicendo “Grazie” di sicuro si capisce che hai concluso e fai anche bella figura. Del resto una delle frasi che si dice più spesso ai bambini e alle bambine è “Come si dice al signore?”. Se ce l’hanno insegnato da bambinз, un motivo ci sarà.
Il TED Talk della settimana
Ogni tanto serve un bel TED Talk che parli di cambiamento, di motivazione, di impegno. Ecco, questo è esattamente uno di quelli, ed è fatto bene.
Alcuni motivi per cui l’ho scelto:
- Parla della crisi di quando hai venticinque anni e io, dai miei quarantuno anni di esperienza, ho pensato: “Amico mio, non hai ancora visto niente”;
- Tiene in mano delle schede ma questo non sminuisce il valore della sua presentazione. Quindi, se hai paura di dimenticare qualcosa sul palco, ci sono dei metodi per ricordarsi tutto ma, certo, bisogna farlo bene come lui;
- Il pubblico è composto da ragazzinз. Che potrebbe sembrare un pubblico facile, ma non lo è per niente, anzi.
Maledettə poetə
Una rubrica che parla di poetry slam e ti presenta alcunз poetз. Che non sono così male come si potrebbe pensare.
Ogni anno ci sono i campionati nazionali, la Coppa del Mondo e gli Europei di poetry slam. Perché sembriamo un gruppo di scappatз di casa, e in molti casi lo siamo, ma in alcuni casi c’è un’organizzazione ineccepibile.
Quest’anno agli Europei l’Italia è stata rappresentata da Matteo Di Genova, che amichevolmente chiamiamo Dige. Uno poeti che usa di più il ritmo e la performance, che si agita sul palco, che su alcune poesie quasi ti fa venire voglia di ballare. Per dire, ha un progetto chiamato “Diossido di cromo” in cui mischia percussioni e poesia performativa. Roba da saltare sulle sedie.
Qui ti propongo il suo cavallo di battaglia, ovvero Branchi di piccoli intellettuali colorati, nella versione che ha presentato proprio ai campionati europei. Con tanto di traduzione in inglese, francese e fiammingo.
Se invece vuoi il testo, lo trovi qua
Consigli non richiesti
Anche gli spazi vanno usati bene. E messi al posto giusto. Tipo prima della virgola, lo spazio non ci va. Prima del punto, neanche. Prima del punto esclamativo, figurati.
Dopo, sì. Dopo la virgola, dopo il punto, dopo il punto esclamativo. Questi sono gli spazi che ti occorrono. Che si tratti di una mail, di una presentazione, della biografia di Tinder, non importa: metti gli spazi dove servono, e non a casaccio. La punteggiatura non ci va mai, a casaccio.
Frasi da usare agli aperitivi
Tu sei l'uomo sbagliato, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato!
La storia della mia vita.
(Bruce Willis - Die Hard 2)
Il 19 Febbraio faccio l’ultimo corso di Public Poetry Speaking a €49. Dalla prossima edizione, il prezzo salirà.
Ma, anche stavolta, puoi prenotare il tuo posto a €10 e, solo se il corso ti sarà piaciuto, pagare dopo i €39 restanti. Patti chiari e amicizia lunga, diceva mio nonno.
Trovi tutte le informazioni in questa pagina. Sarà Sabato 19 Febbraio dalle 10 alle 13, via Google Meet. Nelle altre edizioni c’è stata una grande soddisfazione, vuoi che non ci sia anche stavolta?
Per il momento, comunque, è tutto, ci sentiamo mercoledì prossimo.
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
La Bio del titolare
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking, poetry slam, content strategy, cultura e un sacco di altre cose di cui volendo possiamo parlare anche in privato.
Sto scrivendo la mia autobiografia a fascicoli. Ogni Sabato esce una nuova puntata, costa un euro al mese e puoi abbonarti qui: Autobiografia di un Ciccio.
Per il public speaking, ho un mio metodo che si chiama Public Poetry Speaking e utilizza tecniche derivate dal poetry slam. Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo (quando possibile) sia online, e anche consulenze singole.
Come Content Strategist, curo la comunicazione e i testi di aziende di ogni tipo. Posso scrivere qualsiasi cosa con qualsiasi stile.
Se ti interessa parlarne, scrivimi a cicciorigoli@gmail.com.
Organizzo poetry slam e ho ideato e condotto insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni la trasmissione “Poetry Slam!” su Zelig TV. Adesso la trovi su Prime Video, anche se nella descrizione mi chiamano “Ciccio Regoli”, vai a capire perché.
Ho portato due spettacoli comici a teatro e innumerevoli spettacoli sempre comici in altri posti.
Ho scritto 5 libri: un romanzo, una raccolta di racconti, una di poesie, un manuale tecnico sul libraio digitale e un manuale sul poetry slam. Per dire, sono abbastanza versatile, ecco.
Ho scritto un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
Ho un Tumblr in cui carico le mie poesie. Anche se non lo aggiorno da un po’ ma dovrei ricominciare. Si chiama Eleganza sgualcita.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
In questa newsletter potresti trovare delle ə e delle з invece del maschile diffuso perché cerco di usare un linguaggio inclusivo.
Playlist
Questa newsletter è stata scritta ascoltando una playlist anni Novanta perché ogni tanto bisogna avere il coraggio di riscoprire le proprie radici. Oddio, forse io lo faccio un po’ troppo spesso, in questo caso.