Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Public Poetry Speaking, la newsletter settimanale che parla di parole, public speaking e poetry slam. Questa settimana in versione a maniche corte, dato il caldo che fa.
Se te l’hanno inoltrata o sei qui per caso, puoi iscriverti. Sarebbe una cosa bella per me e mi auguro anche per te, e saresti in buona compagnia.
Martedì ho fatto uno spettacolo che è andato molto bene. Solo che dopo lo spettacolo un mio amico che era lì mi ha scritto: “Bello, peccato il finale un po’ stucchevole”.
Pensavo si riferisse a uno degli ultimi pezzi, su cui avevo faticato un po’, e invece parlava del momento subito dopo. Ero stato troppo compiaciuto e piacione, e mi ha scritto che avrei dovuto prendermi l’applauso e basta, al limite il bis. Ha chiuso con: “Sei l’artista, non quello simpatico al tavolo con gli altri”.
Oh, aveva ragione. E mi è venuto in mente che la parte del bis, quando lo spettacolo tecnicamente è finito e fai un altro pezzo per chiudere, è sempre un’arma a doppio taglio. Può essere il momento migliore della serata, come anche il momento in cui esageri e non va bene.
Succede anche perché, soprattutto quando tutto ha funzionato, ti rilassi e perdi la cognizione del tempo e del pubblico. Ti allunghi, vuoi stare sul palco il più possibile, pensi che questo successo non finirà mai. E invece SPOILER: a un certo punto finisce.
Bisogna sapersene andare quando è il momento
Rivedendo il video (l’avevo registrato) mi sono accorto che effettivamente avevo fatto un’ora di spettacolo e 15 minuti di bis. Un’eternità. Che poi è andata anche abbastanza bene, però se avessi fatto dieci minuti in meno sarebbe stato meglio. Ho avuto quell’effetto che possiamo definire: “Assessore alla Cultura che deve necessariamente aggiungere qualcosa di irrilevante alla fine di un concerto durante una festa patronale”. Qualcuno rimpiange l’intervento di un Assessore alla Cultura quando non c’è? Non penso.
Te ne vai o no, te ne vai sì o no
Esiste tutto un ciclo della tensione quando si sale sul palco.
C’è la tensione devastante prima di salire sul palco: quella sensazione di crampi allo stomaco, “salivazione azzerata e le mani due spugne” (Cit. Fantozzi) che rischia di distruggerti e che diventa il motivo principale per cui abbiamo sempre paura di esporci di fronte alle altre persone. L’angoscia di salire sul palco, insomma.
Poi esiste la tensione da palco, quando cominci a parlare e tutti i sintomi che ho appena descritto si trasformano in concentrazione e piacere. Il discorso funziona, la gente è contenta, tutto tende a un ottimo risultato.
Infine esiste il rilascio della tensione, quando tutto è finito ed è andata bene, non devi dimostrare più nulla e il pubblico è completamente dalla tua parte. Ecco, è qui che potrebbe nascondersi la magagna.
Perché arriva una specie di senso di onnipotenza che toglie lucidità, e come una droga vorresti ancora applausi, ancora acclamazione, ancora e ancora e ancora. Però, pensaci un attimo: quanto dura una maratona? Oppure i 100 metri o i 400 ostacoli? Durano esattamente lo spazio e anche il tempo che devono durare. Qualcuno farebbe un applauso in più se Marcell Jacobs corresse 120 metri invece che 100? Ne dubito, francamente.
Parlare di fronte agli altri deve avere un tempo definito, e quando è ora di uscire di scena, all’apice della gloria, basta, si esce. Altrimenti diventa uno stillicidio.
Uno dei peggiori errori degli speaker e delle speaker è quando alla fine di tutto aggiungono: “Ah, ancora un’altra cosa”. Ma come ancora un’altra cosa? Ma non avevi detto tutto? Anche il pubblico ha una tensione da rispettare, e quando lo spettacolo è finito rilascia la tensione accumulata e non vuole sentire più niente. Giustamente, aggiungerei.
Bisogna rispettare i tempi: i propri tempi, quelli dello spettacolo (o della presentazione) e quelli del pubblico. Soprattutto quelli del pubblico.
Quindi, la prossima volta che ti viene in mente qualcosa di brillante da dire quando hai ormai finito di parlare davanti ad altre persone, non dirla. Lo so che può essere frustrante, ma sarà tutto tempo guadagnato. Ricordati dell’Assessore alla Cultura di cui sopra.
Il TED Talk della settimana
Una delle tante cose che non sopporto è quando in televisione (sì, sono anziano, guardo ancora la televisione) passano le pubblicità che fanno leva sull’emozione e sul dolore. Raccolte fondi, bambini da salvare e tutto il campionario di pietà richiesta alle persone. Le trovo sgradevoli perché parlano alla pancia, fanno leva sugli istinti più bassi e sul senso di colpa.
In particolare odio una pubblicità: c’è questa tizia che parla di quando da piccola andava in campagna da sua nonna, e d’estate si sentiva sempre il rumore delle api che adesso non si sente più perché le api stanno sparendo, e le api vanno salvate perché sennò senza quel rumore come si fa, ecc. ecc.
Ogni volta che vedo quella pubblicità mi viene voglia di andare a bruciare un alveare, lo ammetto.
Poi invece ho visto questo TED Talk in cui si spiega perché le api stanno sparendo e cosa succederebbe se sparissero. Già nei primi secondi c’è un’immagine potentissima, e allora sì che capisci che le api vanno salvate e ti viene voglia di costruirlo un alveare, altro che bruciarlo.
Ti dico solo che le api sono fondamentali per l’impollinazione, e dove non ci sono le api sono gli uomini a dover impollinare a mano le piante. Per impollinare i pomodori ho scoperto anche che si usa un vibratore, pensa tu.
Public Poetry Sessions
NB: avevo pensato di chiamarlo Public Poetry Coaching, ma mi sono ricordato di quella volta in cui una mi disse: “Tra poco ci saranno più coach che gente da coacchare” e allora niente, ho cambiato nome perché temo avesse ragione lei. Suona anche meglio, secondo me.
Tra poco cominciano i famosi “Ne parliamo a Settembre”, e allora in controtendenza ho deciso di lanciare una cosa adesso, a Giugno. Proprio ora che bisognerebbe tirare le fila del discorso e rilassarsi e invece, guarda tu un po’ che idea che mi è venuta.
Soltanto per chi segue la newsletter, metto a disposizione 3 ore di formazione individuale sul public speaking. Non sessioni precostituite o uguali per chiunque, ma 3 ore puntate esattamente su quello che ti serve e sugli ambiti che preferisci.
Ovviamente intendo formazione sul parlare di fronte ad altre persone, sia chiaro. Metti che ti venga voglia di fare 3 ore dedicate all’agricoltura intensiva, confesso che sarei davvero poco utile.
Come funziona
Saranno 3 ore per ciascun partecipante, divise in 3 appuntamenti da un’ora ciascuno. Prima di iniziare ti chiederò di mandarmi una tua breve presentazione, il motivo per cui pensi ti possa servire e quali sono gli argomenti che vorrai sviluppare. Dopodiché stabiliremo un programma, degli obiettivi e le date in cui ci incontreremo (di persona oppure online, dipende da dove ti trovi).
Perché potrebbe servirti
Vuoi migliorare le tue presentazioni? Perfetto!
Vuoi trovare un tuo stile quando parli di fronte ad altre persone? Ottimo!
Vuoi rivedere un discorso importante che devi fare? Eccellente!
Vuoi una mano per sistemare le piante di casa tua? Ecco, qua mi sa che non posso aiutarti. Però posso darti delle dritte su come parlare correttamente anche con i ficus benjamin.
Quanto costa?
Il pacchetto da 3 lezioni costa €100 in totale. Considerando che di solito con €100 faccio un’ora soltanto, mi sembra un buon affare.
Il pagamento sarà di €50 prima di iniziare, i restanti €50 alla fine e solo se penserai sia stato utile per davvero.
Come mi prenoto?
Basta rispondere a questa mail dicendo: “Mi interessa!” o qualcosa di simile. Prendo solo le prime 3 persone.
Lo rifarai prima o poi?
No, non credo. Di sicuro non con questo prezzo.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
Ozio
Preferisco stare in ozio
che volare nello spazio
ai confini con il Lazio
giù c'è un tizio che fa ozio.
Preferisco stare in ozio
che rinchiuso in un negozio
ad inscatolare spazio
Strazio!!!
Senza pensieri
Senza problemi
Senza tensioni
Senza doveri
Senza nessuno da sopportare
Senza paure da superare
Ozio
preferisco stare in ozio
che parlare con quel tizio
aspettando l'equinozio
Anche per questa settimana è tutto. Incredibilmente non ho spettacoli tranne questa sera (per chi mi legge il giovedì) al Tikilake di Lecco. Ma pare ne avrò qualcuno a breve, tipo uno a Milano i primi di Giugno.
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
PS: la scorsa settimana ho intitolato la newsletter “La flame rouge”. Mi hanno fatto notare che sarebbe stato corretto “La flamme rouge”, mi scuso con i francofoni e le francofone all’ascolto.
“Nessuno ci toglierà i balli che abbiamo ballato”
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di comunicazione, customer care e poetry slam. Ho un progetto che si chiama “Complimenti”, unisce queste tre cose e aiuta le aziende a migliorare.
Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo (quando possibile) sia online, e anche consulenze singole.
Organizzo poetry slam e insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni abbiamo un’agenzia che si chiama Slam Factory. La nostra trasmissione “Poetry Slam!” la trovi su Prime Video, anche se nella descrizione mi chiamano “Ciccio Regoli”, vai a capire perché.
Ho scritto 5 libri e un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
Quasi mai si prendono in considerazione i punti di vista altrui e men che meno quando siamo noi a provocarli. Ottime considerazioni davvero!
Complimenti! Ti leggo da tempo e penso che questa sia (finora) la tua migliore newsletter settimananale. Dadivulgare nelle scuole!