Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Public Poetry Speaking, la newsletter settimanale che parla di parole, public speaking e poetry slam. Con varie digressioni giusto così, per movimentare le cose.
Una delle domande che mi sento spesso porre è: “Ma come fa a piacerti il ciclismo? Io non capisco proprio cosa ci trovi, è noiosissimo!”.
Ora, prima che tu chiuda questa newsletter pensando che sarà una terribile disquisizione sul perché il ciclismo è uno sport bellissimo oppure prima ancora che tu pensi che io voglia convincerti del contrario, i motivi per cui mi piace il ciclismo sono molteplici, e hanno a che fare soprattutto con le storie, le persone e i racconti. Ma prima di iniziare, un passo indietro.
Nel 1993 mio padre torna a casa con una bicicletta da corsa. Grigia, marca Atala, pesantissima. Un conoscente di mio padre la stava buttando e gli aveva detto: “La vuoi? Tanto a me non serve”. Mio padre l’aveva voluta, e quindi eccola a casa mia.
Era bellissima. Mi sono innamorato subito, ma non puoi andare su una bici da corsa senza aver mai visto una corsa, almeno in televisione. Quindi eccomi qua, a 13 anni, a guardare il Giro d’Italia. Quell’anno lo vince Miguel Indurain, secondo arriva Piotr Ugrumov, terzo Claudio Chiappucci, mio eroe indiscusso ancora oggi che ha sessant’anni e su Instagram posta delle robe da boomer. Gli idoli restano idoli sempre.
Seguire il ciclismo ti fa stare dentro una specie di setta che parla un linguaggio proprio, ha i propri rituali e, soprattutto, le proprie storie e leggende. Per chi arriva da fuori sembra impossibile stare a guardare gente che pedala per 200 chilometri, 200 chilometri nei quali spesso non accade assolutamente nulla di particolare. Che gusto ci sarà mai?
Quando ho cominciato a seguire il ciclismo, le tappe del Giro d’Italia venivano trasmesse solo nella parte finale, diciamo le ultime 3 ore. Da diversi anni invece, con i canali digitali, trasmettono tutta la tappa dall’inizio alla fine. Potresti chiederti: “Ma chi è così fuori di testa da guardare 5 ore di diretta, duecento chilometri di gara senza sosta?” Beh, io, ovviamente. Faccio anche altre cose nel frattempo, eh.
La bellezza del ciclismo sta, essenzialmente, nell’attesa. Perché può succedere di tutto all’improvviso, oppure non succedere niente. Ci può essere una caduta, un attacco, e soprattutto quando hai una corsa di 22 giorni come il Giro o il Tour non importa che tu sia primo in classifica, una giornata storta può capitare a tutti. Negli anni ho visto grandi favoriti crollare semplicemente perché avevano mangiato male ed erano andati in quella che si chiama ”crisi di fame”: le gambe non vanno più, gli avversari si allontanano e allora addio Giro, addio sogni di gloria.
Quest’anno, ad esempio, lo strafavorito per la vittoria finale, Remco Evenepoel, ha preso il Covid e se n’è andato a casa mentre era in maglia rosa. Succede.
Piuù di tutto, il gusto sta nelle storie, in quelle che ci raccontiamo e ci piace ascoltare. Il ciclismo epico che non abbiamo mai visto ma solo sentito, la discussione tra quale sia il ciclista più in forma e chi siano i favoriti per la vittoria finale.
E poi i racconti dei paesi che vengono attraversati dalla corsa, visto anche che devono fare 3.490 chilometri attraverso (quasi) tutto il Paese e in qualche modo bisognerà pur riempirlo questo tempo di diretta televisiva.
Guardare il ciclismo una volta sola non basta. Una battuta che faccio spesso a chi mi chiede perché dovrebbe guardare il ciclismo, è che bisogna guardarlo almeno per due anni per capirci qualcosa altrimenti è solo gente che pedala, mentre noi adepti e adepte sappiamo benissimo che dietro ogni pedalata ci sono un secolo di storia, di gente che ha fatto chilometri con biciclette d’acciaio quando la guerra era finita da poco, eroi sconosciuti che hanno solo portato borracce ai capitani per tutta la vita, corse truccate, anche, e gente che ha salvato l’Italia da una guerra civile (questo lo racconto dopo).
Non è un caso se a raccontare il ciclismo ci hanno pensato grandi scrittori come Dino Buzzati, Achille Campanile, Vasco Pratolini e Anna Maria Ortese. E se oggi a raccontare il Giro in cabina di commento c’è anche lo scrittore Fabio Genovesi (che mi auguro tu abbia letto, e se non l’hai fatto, fallo) che racconta storie meravigliose non solo sui ciclisti ma proprio sui paesi attraversati.
Insomma, quelli che pedalano sono una parte importante, ma oltre a loro c’è molto di più. Ci sono le emozioni, la fatica, l’epica, la gente a bordo strada che aspetta magari due giorni solo per farsi passare davanti il gruppo per due minuti. Ci sarà un motivo, se continuiamo imperturbabili a guardare il ciclismo e a rispondere con un’alzata di spalle quando ci chiedono “Ma come fa a piacerti il ciclismo?”.
*La flame rouge è il modo in cui viene chiamata la bandierina dell’ultimo chilometro dai francesi, perché è un triangolo rosso. Una fiamma rossa, appunto. La fiamma rossa è anche un bellissimo libro di Gianni Mura in cui racconta proprio i suoi anni al seguito di Tour e Giro. Gianni Mura è stato probabilmente il più grande giornalista di ciclismo italiano.
Tre storie di ciclismo
Bahamontes
Salita del Tour de France, tra i ciclisti c’è Bahamontes, fuoriclasse spagnolo e già vincitore del Tour, nemico giurato dei ciclisti francesi. Un tifoso comincia a insultarlo in maniera molto pesante, senza sosta, correndogli dietro. Bahamontes a un certo punto non ce la fa più, scende a terra e lo rincorre brandendo la pompa della bicicletta.
Alfonso Gatto e Fausto Coppi
Alfonso Gatto è uno scrittore e intellettuale salernitano, e va a seguire il Giro d’Italia per conto de “L’Unità” nel 1947. Si appassiona alla corsa, ai ciclisti, ma c’è un particolare: non sa andare in bicicletta. La notizia si sparge nel gruppo, e c’è un ciclista che non ci sta: Fausto Coppi. Decide quindi di insegnargli.
Niente da fare: Alfonso Gatto continua a cadere, Coppi si altera perché non capisce come sia possibile, Alfonso Gatto per giustificarsi gli dice inutilmente: “Però so nuotare!”. Non imparerà mai ad andare in bicicletta ma scrive: «Intanto tutta la città parla e sparla di me, i miei colleghi non sanno come comportarsi. Ma di una cosa sono certo: che se io sapessi andare in bicicletta sarei un campione. È ridicolo che ci si serva di quella macchina da angeli per camminare come fanno tutti. Cadrò, cadrò sempre fino all’ultimo giorno della mia vita, ma sognando di volare».
Bartali e la guerra civile
Nel 1948 sparano a Togliatti, Segretario del Partito Comunista Italiano. L’Italia si agita, il clima è surriscaldato e c’è il rischio della guerra civile.
Negli stessi giorni, Gino Bartali è al Tour de France ma ha già 34 anni, ormai è considerato troppo vecchio per vincere e infatti ha 21 minuti di ritardo dalla maglia gialla, il primo in classifica.
Riceve una telefonata da De Gasperi, Segretario della Democrazia Cristiana: “Vinca il Tour, perché qui c’è una grande confusione”.
Sale in bicicletta, stacca tutti e in due tappe recupera lo svantaggio, andando a vincere il Tour. Gli Italiani si distraggono dalla Rivoluzione e trasformano la rabbia in tifo. Forse è un’esagerazione dire che ha salvato l’Italia in sella a una bicicletta, ma Bartali ebbe sicuramente la sua parte nell’evitare la guerra civile.
Il TED Talk della settimana
Chi va in bicicletta sa quanto le buche possano essere devastanti. Come fare per evitare che le buche nascano e ci si finisca dentro?
In questo TED Talk c’è una soluzione, che non so se sia stata implementata davvero però è ingegnosa: visto che l’asfalto è poroso e col tempo i ciottoli si distaccano, perché non aggiungere della lana d’acciaio al bitume e scaldarla con delle piastre a induzione per renderlo più resistente? Ne è venuto fuopri un asfalto che dura il doppio e che si ripara facilmente.
Soprattutto mi è piaciuto come, in soli 6 minuti, lo speaker sia salito sul palco, abbia spaccato un pezzo di asfalto e lo abbia incollato nuovamente usando un microonde. Poteva portarsi solo le slide, e invece guarda tu che armamentario ha messo su.
Ma tu non lavori mai?
Ultimamente in questa newsletter ho parlato parecchio degli spettacoli che faccio (peraltro sotto ti lascio le ultime date di Maggio) ma poco del lavoro. Quindi, che lavori sto facendo?
Ho appena iniziato una collaborazione con un Centro Medico di Milano. Sto studiando la comunicazione, risistemando i testi e la struttura del sito. E scoprendo un sacco di roba sulla medicina;
Continuo a collaborare con una piccola azienda che si occupa di analisi dei dati e organizzazione del lavoro. Anche qui mi occupo della comunicazione, della newsletter e del profilo LinkedIn, soprattutto. Oltre a scrivere e rivedere dei brevi paper;
Per alcune strane coincidenze sto facendo il poetry coach. Un aspirante slammer mi ha chiesto di fare un percorso rivedendo le sue poesie e lavorando sulla performance. Non pensavo fosse possibile, e invece è molto soddisfacente e divertente. E lui scrive anche molto bene, spero salga presto sul palco.
E dove ti troviamo?
Immancabili, le date dei prossimi spettacoli:
Venerdì 19 Maggio: Zelig Poetry slam! allo Zelig di Viale Monza, Milano;
Sabato 20 Maggio: Louisiana Poetry Slam al Louisiana Jazz Club, Genova;
Lunedì 22 Maggio: Limoni Poetry Slam all’Ostello Bello Duomo, Milano;
Martedì 23 Maggio: Senti e trema all’Ombra de vin, bacaro poetico a Pavia.
Una settimanella impegnativa, insomma.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
I bambini che pensano negli occhi
hanno l’inverno, il lungo inverno. Soli
s’appoggiano ai ginocchi per vedere
dentro lo sguardo illuminarsi il sole.Di là da sé, nel cielo, le bambine
ai fili luminosi della pioggia
si toccano i capelli, vanno sole
ridendo con le labbra screpolate.Son passate nei secoli parole
d’amore e di pietà, ma le bambine
stringendo lo scialletto vanno sole
sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto
gocciola sugli uccelli della gronda.(Inverno a Roma - Alfonso Gatto)
Per questa settimana è tutto, dopo l’incubo degli hacker rusasi della scorsa settimana l’allarme sembra rientrato. Se ti va di venire a uno spettacolo, oppure vuoi saperne di più su cosa faccio nella vita, non hai che da chiedere.
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
“Nessuno ci toglierà i balli che abbiamo ballato”
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di comunicazione, customer care e poetry slam. Ho un progetto che si chiama “Complimenti”, unisce queste tre cose e aiuta le aziende a migliorare.
Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo (quando possibile) sia online, e anche consulenze singole.
Organizzo poetry slam e insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni abbiamo un’agenzia che si chiama Slam Factory. La nostra trasmissione “Poetry Slam!” la trovi su Prime Video, anche se nella descrizione mi chiamano “Ciccio Regoli”, vai a capire perché.
Ho scritto 5 libri e un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
Ma che bella questa puntata ciclistica! Che poi il ciclismo ha la letteratura dentro.
Tra i romanzi di Fabio Genovesi bellissimo quello che trasforma in titolo il verso di Alfonso Gatto "Cadrò, sognando di volare" (tra l'altro un inno all'insuperabile Panta).