Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Public Poetry Speaking, la newsletter settimanale che ti fa vedere come il public speaking non sia riservato a pochi eletti ma capita a tuttə , prima o poi, di parlare in pubblico. Dovrebbero insegnarlo a scuola, altro che imparare Carducci a memoria. A cosa serve sapere Carducci a memoria, alla fine dei conti? Sì, lo so, a me sta antipatico Carducci, credo anche di averlo già scritto da qualche parte.
Oggi non ho intenzione di parlare di public speaking. Che colpo di scena, eh?
In realtà non intendo parlare di public speaking visto dalla parte di chi deve parlare, ma voglio parlarti di public speaking visto dalla parte di chi ascolta. Anzi, ancora meglio, visto dalla parte di chi ascolta e poi deve, per un motivo o per un altro, dare un feedback.
Sembra facile dare un feedback. Non costa niente, non fa male a nessuno, e nessuno potrà dare a te la colpa se hai dato un suggerimento sbagliato. Ma allora, se non serve a niente, perché dovremmo dare un feedback? Giusto per fare conversazione?
In realtà, avere un occhio esterno che ci osserva quando proviamo oppure quando parliamo in pubblico è fondamentale, perché non possiamo parlare e contemporaneamente osservarci in maniera obiettiva. Quindi bisogna richiedere i feedback esterni, e oggi voglio parlarti di come dare un riscontro corretto a chi ne avesse bisogno. Settimana prossima poi vedremo il caso contrario, ovvero come chiederlo. Visto che auto spoiler che ho fatto?
“Mettici più battute”
Innanzitutto, ci sono due modi per dare un feedback: una maniera giusta e una sbagliata. Lo so, non sembra una grande differenziazione né questa genialata, ma fidati che a volte bisogna ripartire dalle basi.
Imparare a dare un riscontro corretto ti potrebbe rendere una persona migliore, benvoluta e forse forse ci scappa anche un regalo a Natale.
Feedback dati male
La cosa peggiore quando ti chiedono “Oh, com’è andata?” è la negatività assoluta. Roba tipo “Non mi è piaciuto”, “Non è il mio genere”, “C’è qualcosa che non va”. Senti, criticə teatrale mancatə che quando io già stavo sul palco “tu nemmeno ti facevi le p*ppe” (cit.), ti ho chiesto come è andata per capire come migliorare, non una stroncatura senza appello.
Quando vi chiedono un parere, date almeno un’indicazione. Stroncare e basta non serve a niente.
Peggio ancora quando viene data un’indicazione molto vaga giusto per sgravarsi la coscienza: “Dovresti sistemarlo”, “Forse servirebbe qualcosa in più”. Sì, ma cosa?
Non voglio fare terrorismo psicologico, però cercate un minimo di precisione.
Un simpatico aneddoto personale
Quando facevo i laboratori Zelig, si andava al laboratorio per provare il pezzo davanti al pubblico e poi c’erano degli autori che dovevano darti delle indicazioni per migliorare quello che avevi fatto sul palco.
Alcuni, quando gli chiedevi come fosse andata, rispondevano: “Mettici più battute”. Non ho mai capito cosa volesse dire questa indicazione. Si tratta di un pezzo comico, secondo te cosa dovrei fare? Togliere delle battute che fanno ridere? E poi che altre battute dovrei metterci? Potresti darmi almeno una traccia?
Ancora oggi non me ne capacito.
Feedback dati bene
Se ti chiedono un’indicazione, cerca di essere quanto più precisə possibile. Anche solo un’indicazione, data bene, può essere di grande aiuto.
”Non ho capito bene questo passaggio tra gli argomenti”, “Forse dovresti guardare di più il pubblico”, “Occhio che il volume del microfono è troppo alto e distorce la voce”.
Oh, queste sì che sono delle indicazioni! Piccole, precise, e soprattutto d’aiuto.
Riuscire a far capire esattamente cosa si potrebbe migliorare è un grande regalo per chiunque si esibisca sul palco. A volte basta un’inezia e il discorso cambia completamente.
Certo, se poi l’esibizione oppure la prova erano state uno strazio rimane solo una cosa da fare: scappare il più velocemente possibile sperando che nessunə ti chieda un feedback. Mi auguro per te che non ti accada mai.
Settimana prossima vedremo come si chiedono i feedback. Anche questo, sembra banale ma non lo è per niente.
Il TED Talk della settimana
Ultimamente tra i lavori che mi sono ritrovato a fare c’è la scrittura di testi per un’azienda che si occupa di analisi dei dati. Non avrei mai pensato potesse essere un argomento interessante e invece lo è parecchio, soprattutto quando scopri che i dati sono molto più presenti di quanto si creda nella nostra vita.
Ad esempio, i dati potrebbero influenzare la coltivazione e la distribuzione degli ortaggi. Pensiamo sempre che non ci sia nulla di più naturale della frutta e della verdura, e invece scopri che anche lì applicarci l’analisi dei numerelli può dare dei risultati, soprattutto quando la contadina che ne parla è un’ex ricercatrice dell’MIT di Boston che si occupava esattamente di Data Analysis.
Il Santo del giorno
Di sicuro se hai letto o hai dovuto studiare la Divina Commedia ne avrai sentito parlare: oggi si venera San Celestino V, colui che fu proclamato Papa, fece “Il gran rifiuto” e per questo Dante lo piazzò nel girone degli ignavi.
Invece il caro Celestino V era semplicemente il Re incontrastato dei sociopatici. Sin da piccolo amava ritirarsi in una grotta su un monte vicino casa. I genitori, non potendone più di vederlo scomparire così senza avvisare, lo mandarono a studiare a Roma. Lui studiò, diventò sacerdote, e poi se ne tornò al suo eremitaggio. Ma anche quello era diventato troppo affollato nonostante fosse da solo, e se ne andò in una grotta ancora più isolata. Non sia mai qualcuno lo dovesse disturbare per chiedergli il sale o lo zucchero.
Mentre era lì a eremitare, intanto, per dissidi interni tra Papato e monarchia, i cardinali riuniti in conclave decisero di farlo Papa nonostante fosse solo un monaco ignorante. Forse al grido di “Onestà, onestà, onestà”.
Arrivò a Roma convinto di aprire il Vaticano come una scatoletta di tonno, ma a un certo punto capì che non c’era niente da fare e si dimise. La politica vaticana non era cosa per lui.
Forse era meglio starsene a fare l’eremita al grido di “Ma mollami, Zio!”.
(San Celestino V mentre mostra tutto felice che ha finito di montare i Lego che gli avevano regalato per la prima comunione. C’è voluto del tempo ma c’è riuscito alla fine.)
Meglio di LinkedIn
Pensi che l’allevamento dei bovini sia stancante? Che pascolare le pecore sia un mestiere faticoso? Evidentemente non hai mai provato ad allevare esche vive!
Chi va a pesca sa quanto sia importante avere l’esca migliore che attragga i migliori pesci. Esistono perciò dellə allevatorə appositə che fanno pascolare, crescere e quindi alla fine vendono questi simpatici vermetti. Chissà se gli fanno anche le coccoline oppure gli fanno ascoltare Bach per migliorare la loro crescita.
Ovviamente per i pescatori più esigenti esistono anche le esche vive catturate direttamente in natura. Si vede che sono più saporite, vai a sapere.
Se ti interessa, molto pregiato è il Muriddu veneziano, che “viene chiamato diversamente a seconda della località; bacone in toscana, verme duro nel veneziano, cobra in friuli. Si tratta di un anellide di laguna e si presta a diverse tecniche di pesca. In Italia viene raccolto nella laguna veneta”.
Non voglio neanche sapere come viene raccolto, guarda.
Frasi da usare agli aperitivi, anche online
Nel 1980, alla fine di un’esibizione delirante con 5.000 persone, Dario Fo mi aspettò all’uscita del concerto: "I tuoi testi non mi piacciono". E io risposi: "E a me che cazzo me ne frega?"
(Franco Battiato, a proposito di feedback. Ciao Franco e grazie di tutto, davvero.)
Anche per questa settimana siamo arrivati alla fine. Se ti va di farmi sapere se ti è piaciuta questa newsletter o di darmi qualche feedback fatto bene, basta scrivermi. A me fa solo piacere.
Un abbraccio che come un oasi nel deserto mi cattura
Ciccio
La Bio del titolare
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking, poetry slam, content strategy, cultura e un sacco di altre cose di cui volendo possiamo parlare anche in privato.
Sto scrivendo la mia autobiografia a fascicoli. Ogni Sabato esce una nuova puntata, costa un euro al mese e puoi abbonarti qui: Autobiografia di un Ciccio.
Per il public speaking, ho un mio metodo che si chiama Public Poetry Speaking e utilizza tecniche derivate dal poetry slam. Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo (quando possibile) sia online, e anche consulenze singole.
Se ti interessa parlarne, scrivimi a cicciorigoli@gmail.com.
Organizzo poetry slam e ho ideato e condotto insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni la trasmissione “Poetry Slam!” Su Zelig TV.
Ho portato due spettacoli comici a teatro e innumerevoli spettacoli sempre comici in altri posti.
Ho una trasmissione quindicinale su Facebook che si chiama I Sommelier dei libri in cui, assieme al sommelier Matteo Galiano, abbiniamo libri e vino. Il prossimo appuntamento è giovedì 27 Maggio, alle 18:30.
Ho scritto 4 libri: un romanzo, una raccolta di racconti, una di poesie e un manuale tecnico. Per dire, sono abbastanza versatile, ecco.
Ho scritto un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
Ho un Tumblr in cui carico le mie poesie. Anche se non lo aggiorno da un po’ ma dovrei ricominciare. Si chiama Eleganza sgualcita.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
In questa newsletter trovi delle ə invece del maschile diffuso perché cerco di usare un linguaggio inclusivo.
Playlist
Questa newsletter è stata scritta ascoltando Franco Battiato ovviamente, come settimana scorsa ma ancora più di settimana scorsa. Il mio disco preferito di Battiato, per la precisione.