L’obiettivo che mi sono dato oggi è ambizioso, ovvero fare un’analisi dei discorsi pubblici della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Affascinante come argomento, se non fosse che mi sono dovuto sorbire 3 ore di comizi e 3 di conferenza stampa. Roba che non augurerei neanche al mio peggior nemico, come si suol dire.
Alla fine credo di aver capito qualcosa in più, e mi auguro che anche per te possa essere interessante come analisi. In ogni caso, ti chiedo di apprezzare lo sforzo che ho dovuto fare per mettere assieme tutto, a un certo punto ho pensato di mollare tutto e andare a lavorare, chessò, da Mc Donald’s invece che continuare a guardare i video.
Di cosa parliamo oggi
Giorgia Meloni è una stand-up comedian?
“Li mortacci tua” e il linguaggio
Scendere, salire, esagerare, ritornare: l’utilizzo del ritmo e della voce nel discorso
Noi e loro: l’identificazione col “popolo”
Le conferenze stampa e il dibattito
Il corso di public poetry speaking
Qualche link che può sempre servire
Fateci caso
Dove mi trovi questa settimana
Una poesia breve per chi ha poco tempo
[DISCLAIMER: le idee di Giorgia Meloni sono quanto di più lontano possibile dalle mie idee. Ma qui parliamo di tecnica, non di contenuti o della loro condivisibilità]
Io pensavo di aver avuto un’ottima idea quando ho deciso di mettere assieme le tecniche di public speaking con quelle della stand up comedy. Pensavo di essere innovativo, originale, di aver avuto una di quelle idee grandiose che in pochi possono avere. Poi per preparare questo numero ho guardato i comizi di Giorgia Meloni, che non avevo mai visto per intero. E mi sono accorto che questa ideona fantastica ce l’aveva avuta già la Presidente del Consiglio, che a conti fatti è una eccellente stand up comedian. Peccato che poi quello che dice dal palco ha un impatto ben diverso e importante rispetto a quello di chi si esibisce soltanto su un palco per uno spettacolo comico, ma questo è irrilevante ai fini del mio discorso.
Lo so, lo so, c’è già stato Beppe Grillo che ha portato un comico nel mondo della politica, ma lì si tratta di una questione palese, ben visibile. Invece Meloni ha fatto qualcosa di più sottile, non ha fatto vedere le sue doti brillanti ma le ha coperte con l’ideologia, l’identità, il carisma politico. Insomma, abbiamo una comica al potere e non lo sapevamo.
ATTENZIONE: quando dico comica non intendo come intenzione di far ridere. Intendo come tecnica, utilizzo del linguaggio, capacità di affascinare la folla. I messaggi che manda sono tutt’altro che comici, altroché.
Come sono arrivato a questa conclusione? È presto detto.
Giorgia Meloni è una stand up comedian?
Si dice che la comicità sia tragedia + tempo. Vuol dire che il modo in cui è possibile far ridere le persone si basa sulla gestione dei tempi comici, sul ritmo, e aggiungerei sulla scelta delle parole e sulla capacità di coinvolgere emotivamente chi abbiamo davanti. Ecco, la Presidente gestisce tutte e 3 le cose. Ritmo, scelta delle parole, coinvolgimento.
Esattamente come accade per chi fa comicità, spesso alcune battute che funzionano perfettamente negli spettacoli non hanno la stessa presa quando vengono spostate in contesti diversi. Quanto fanno tristezza le battute quando vengono dette all’interno dei contenitori televisivi pomeridiani, e quanto perde in brillantezza la comicità quando viene inserita nei talk show? La stessa cosa accade per i discorsi di Giorgia Meloni quando non vengono pronunciati da un palco ma in altre sedi. Ma andiamo con ordine.
Il linguaggio: lo schema “E sti cazzi?”
Uno dei vantaggi innegabili della Presidente è il suo accento romano. Mentre l’accento milanese farebbe subito venire in mente produttività, fatturato e fatica, e mentre l’accento napoletano farebbe subito allegria ma darebbe scarsa affidabilità (ne dico due giusto per fare un esempio), l’accento romano, il cosiddetto romanesco, riesce a essere al contempo morbido ed efficace. Sarà che sono anni che ci becchiamo film e serie in cui i protagonisti parlano in romanesco, visto che “Er cinema” si fa soprattutto a Roma, ma ormai siamo abituati. E come utilizza il suo accento la Meloni, neanche Renè Ferretti in Boris.
Sarà anche che il romanesco riesce a essere al contempo innocuo e tagliente, diventando un’arma molto forte. Ti immagini la Meloni con l’accento, che ne so, di Belluno? Sarebbe molto diversa la situazione, posto anche che non ho la minima idea di come sia l’accento di Belluno.
C’è una grande tradizione di comicità romana, che prosegue anche oggi. E l’accento, la parlata aiuta moltissimo a far passare il messaggio. Espressioni come “Daje”, “Anvedi”, “Ahò” sono comprensibili a chiunque e rafforzano il concetto. Giorgia Meloni rafforza i suoi concetti spingendo sul romanesco, risultando credibile e “vicina al popolo”. Sulla vicinanza col popolo poi ci torniamo, perché è uno dei punti di maggiore forza. Ma diamo tempo al tempo.
Più che l’utilizzo dell’accento, quello che colpisce è il sottinteso di molte frasi pronunciate durante i comizi. Quando attacca i nemici, riportando cosa hanno detto, c’è sempre sottinteso un gigantesco “E sti cazzi?”
(Piccola precisazione lessicale: “E sti cazzi?” in romanesco vuol dire “E a me cosa importa?”. Da non confondere con “Mecojoni”, che invece indica grande sorpresa).
La tecnica “E sti cazzi?” smonta ogni contraddittorio. Non puoi rispondere nulla a questa frase, ogni argomento che porterai viene automaticamente sminuito.
Ho provato a fare questo esercizio: aggiungere “E sti cazzi?” alla fine di due attacchi personali durante il comizio finale di Atreju. Funziona perfettamente, ci stanno bene e si capisce che ci sono dei giganteschi “E sti cazzi?” sottintesi:
Landini dice che in Italia aumenta il precariato, diminuisce l’occupazione e diminuisce il potere d’acquisto. E sti cazzi?
Romano Prodi dice che l’establishment adora Meloni perché la Meloni obbedisce. E sti cazzi?
Se guardi l’intervento adesso puoi vedere distintamente come l’”E sti cazzi?” rimanga lì, nascosto ma perfettamente visibile.
Ma anche in altre occasioni puoi distintamente leggere tra le righe tutta una serie di frasi romane tipo “Ma li mortacci tua”, quando vengono attaccati i nemici. Un utilizzo del lessico dialettale non esplicito, che fa perfettamente il suo lavoro. Purtroppo.
Altra tecnica da stand up comedy che utilizza Giorgia Meloni: la presa per il culo modificando la voce dell’avversario. Al minuto 1:51 del comizio a San Giovanni c’è la rappresentazione plastica di questa tecnica: il modo in cui dice “La sinistra ha detto che di lunedì mattina in piazza ci saranno solo i parrucchieri”, con quel tono da borgatara romana, sintetizza benissimo tutto.
A questo va aggiunto un altro tema: l’utilizzo del ritmo.
Scendere, salire, esagerare, ritornare: l’utilizzo del ritmo e della voce nel discorso
Tornando alla comicità come tragedia + tempo, la gestione del ritmo nei comizi di Meloni è magistrale. Così come Tiziano Ferro riesce ad andare dai toni bassi a quelli alti in un attimo e mantenendo una certa armonia, così Meloni riesce a parlare con voce melliflua e pochi secondi dopo passare a un registro strillato che scatena l’eccitazione barbara della folla e i suoi più primitivi istinti.
Parlando lentamente riesce a far capire di cosa sta parlando, per poi alzare la voce quando deve far passare la sua idea. Paradossalmente, se togliessimo le parole oppure se parlasse in una lingua sconosciuta, capiremmo esattamente cosa vuole e in che modo vuole ottenerlo. Un ritmo di lotta, ee nonostante sia al Governo Giorgia Meloni lo ha ancora, anche se per ovvie ragioni può esprimerlo molto meno. Il discorso a San Giovanni (quello di “Io sono Giorgia”) e quello finale ad Atreju sono perfettamente sovrapponibili come musicalità e ritmo, anche se il ruolo istituzionale tra un discorso e l’altro è cambiato. Della differenza tra il tono dei comizi e quello di altre sedi ne parliamo tra poco, quando andiamo a vedere la conferenza stampa.
Noi e loro: l’identificazione col “popolo”
Se Matteo Salvini dice spesso “Io”, Giorgia Meloni utilizza spesso il “Noi”. Così come sul palco riuscire a coinvolgere il pubblico è fondamentale per portarlo dalla propria parte e farlo ridere, allo stesso modo la Presidente fa con l’inclusione della sua gente dentro i discorsi. La quantità di “Noi abbiamo fatto”, “Noi abbiamo proposto”, “Signori miei” detta durante i discorsi pubblici è molto numerosa, e serve a creare un’identificazione condivisa.
Un altro modo che viene utilizzato per portare le persone dalla propria parte è la tecnica “Hai capito?” (immaginalo sempre detto in romanesco). Una frase ammiccante, che ti fa capire che noi sì che sappiamo di cosa stiamo parlando, non come “Loro” che non sanno cosa dicono.
Ultima tecnica utilizzata per far capire di essere dalla stessa parte di chi ascolta: l’allusione. Ancora prima di dire il nome, il pubblico capisce già di chi si sta parlando, come se ci fosse una condivisione di intenti. Per non parlare della ridicolizzazione dell’avversario, anche in maniera completamente gratuita e fuori contesto, come quando attacca Elly Schlein “che combatte il fascismo a colpi di duetti rap con gli Articolo 31”. Immagina di sentire questa frase detta da qualsiasi comico o comica di tuo gradimento, e vedi come ci starebbe bene in uno spettacolo di stand up comedy.
Peccato solo che qua non si tratti di stand up, ma della Prima Ministra del Governo Italiano.
Dov’è che Giorgia Meloni perde? Qual è il campo di battaglia che non ama? Semplice, quando non può usare i suoi toni battaglieri ma deve adeguarsi a un pubblico informato, che risponde e che non è lì soltanto per farsi sobillare: le conferenze stampa.
Le conferenze stampa e il dibattito
Durante la conferenza stampa di fine anno (che poi è stata fatta a inizio anno, ma vabbé, è un altro discorso) ci sono state parecchie debolezze. E se ricordiamo bene il comizio di San Giovanni e la frase iconica “Io sono Giorgia”, di sicuro non avremo memoria di nessuna frase di questa conferenza stampa.
(Di sicuro ricorderemo lui, l’uomo che ha chiesto a Meloni se quando cammina schiaccia le formiche. Amico mio, vieni qua, abbracciamoci, ti voglio bene.)
Come mai tutta questa difficoltà? Semplice: se sei abituata a toni forti, a ritmi che cambiano e a un linguaggio vicino alle masse, quando devi essere istituzionale, calibrata, portare fatti reali e rispondere a domande che non conosci, non ti trovi a tuo agio.
Alcuni degli errori sono chiaramente visibili nella risposta alla giornalista Fusani: la faccia scazzata mentre ascolta la domanda, un certo nervosismo al minuto 1:45 in cui sembra dica “Mo’ a questa je meno”, l’utilizzo anche qui del romanesco (un “daje” quando confonde Trump e Musk), l’irrigidimento sulle proprie posizioni e l’attacco diretto al giornalista o alla giornalista quando la domanda non è di suo gradimento.
Certo, non si può pretendere che abbia l’eleganza di Draghi o la solennità di Mario Monti, direi che è più vicina a Renzi (di cui magari parliamo un’altra volta. O magari anche no) come stile, come necessità di piacere, come voglia di essere osannata dal pubblico e mai contestata.
Ecco, in questo si dimostra carente in una caratteristica fondamentale di chi fa comicità sul palco: la capacità di rispondere a tono a chi ci sta di fronte, senza però sembrare supponente oppure superiore. Il contraddittorio non è esattamente molto amato, da quelle parti.
Confesso che ci sarebbe molto altro da dire, e non è escluso che ne parlerò in un’altra puntata. La quantità di spunti di Giorgia Meloni come oratrice è davvero gigantesca: la posizione sul palco, le espressioni, l’uso di frasi fatte, la destrezza nel “gettare la palla in tribuna” quando la domanda non è di suo gradimento. Ce ne sarebbero di cose da dire.
Se pensi che ci sia molto altro da dire, fammelo sapere nei commenti o via mail. Non assicuro però di guardare altre 6 ore di Meloni che parla, lo dico per la mia sanità mentale.
Public poetry speaking: iscrizioni ancora aperte
Parlare in pubblico ti fa sudare le mani al solo pensiero? Pensi che non riuscirai mai a migliorare la tua capacità di stare sul palco, parlare ai clienti, mettere assieme i pensieri? Bene, è ora di cambiare idea.
Il 15 Febbraio ci sarà un corso di 8 ore di public speaking, lo terrò io e vedremo come è possibile creare un discorso coerente, dire qualcosa di nuovo e far stare bene il pubblico. E possibilmente non schiantare sul palco con le fauci che si seccano e le gambe che trema.
Sarà a Milano dalle 10 alle 18, trovi tutte le informazioni cliccando qui sotto.
Qualche link che può sempre servire
The uses of doubt: come si gestiscono i dubbi che vengono normalmente quando si scrive qualcosa?
La Corea del Nord usa il lavoro da remoto negli USA per fare soldi: pare che Pyongyang, con un intricato sistema di assunzioni da remoto di cittadini nordcoreani, abbia fatto un sacco di soldi alle spalle delle aziende USA.
Tutti vivi: Cosa rimane di noi quando muoriamo? Un podcast incredibile creato da Valerio Millefoglie.
Dove mi trovi questa settimana
Sabato 18 sarò a Parma per il Big Bang Poetry Slam al Teatro al Parco, all’interno del Parco Ducale;
Mercoledì 22 inizia il Limoni poetry slam a Ostello Bello Milano Duomo. Il torneo di poetry slam che ha fatto conoscere più gente di Tinder;
Giovedì 23 niente poetry slam ma farò un breve intervento a Pirates - From zero to kickass startup in cui presenterò il nuovo format Startup slam. Magari te ne parlerò anche qui in futuro.
Vuoi organizzare un poetry slam, un mio spettacolo o vuoi un mio intervento da qualche parte? A disposizione, basta chiedere!
Una poesia breve per chi ha poco tempo
Ave Maria piena di rabbia
il Signore è contento
di questa dote di pena
di questo velo di gabbia
di questo corredo di lame da petto
di questi pugnali da camera da letto
di questo cuore perennemente trafitto
di questo vissuto
vissuto all’ombra più o meno sempre del vissuto di un altro,
di questo ventre sempre più o meno in frutto, o sempre più o meno in lutto
ma sempre, più o meno sempre, per scelta di qualcun altro(Gloria Riggio - Ave Maria)
Oggi temo di essere andato molto lungo, mi auguro ne sia valsa la pena. Grazie per aver letto fino a qui.
Tante care cose e abbi cura di te
Veramente molto interessante!
Mi hai schiantato. Ora non potrò più ascoltare la Melone senza pensare a te... per fortuna non ascolto la Melone.