Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Public Poetry Speaking, la newsletter che parla di public speaking, scrittura professionale e comunicazione. Da oggi anche con una rubrica dei libri, per non farci mancare nulla.
Io odio i vocali. E le telefonate. Chi mi conosce sa bene che se deve telefonarmi è meglio che prima mi mandi un messaggio per dirmi se mi può telefonare, alcuni addirittura quando mi chiamano o mi mandano un vocale si scusano direttamente come prima cosa. Lo so, sono io che ho delle difficoltà nell’interazione diretta, ma soprattutto ho una soglia dell’attenzione bassisima e delle difficoltà a concentrarmi, quindi se mi suona il telefono mentre sto facendo una cosa ci metto un sacco poi a rimettermi a lavorare.
Oltre alle telefonate e ai vocali, per comunicare uso diversi mezzi: mail, messaggi, Whatsapp, Telegram, Instagram, Messenger. E mi limito solo a quelli più utilizzati. Quante volte il tempo viene spezzettato durante la giornata? Quanti messaggi ricevo e riceviamo? E perché sono sempre importantissimi?
Oggi parliamo di vie alternative di comunicazione sul lavoro, e di quanto migliorino o più spesso peggiorino la possibilità di farsi capire.
Hai visto la mia mail?
Come una novella Csaba Dalla Zorza, oggi voglio illustrarvi le buone maniere per comunicare efficacemente e non farvi urlare dietro da lontano. Per semplificare le cose, facciamo tipo Posta del Cuore e rispondo a delle domande che non mi hanno fatto ma magari mi potrebbero fare.
Posso mandare un messaggio per chiedere se ha visto la mail?
Sì, ma solo se sono passate 24 ore da quando hai mandato la mail. Non fare come chi manda un WhatsApp subito per dire “Ti ho mandato una mail” e se non visualizzi subito il WhatsApp ti chiama per dirti che ti ha mandato un WhatsApp per dirti se hai visto la mail che al mercato mio padre comprò. In generale consiglio di rispettare queste tempistiche:
Mail: dai 24 ore di tempo per rispondere
Messaggi: dai 2 ore di tempo per rispondere
Chiamate: Deve essere una cosa urgentissima che proprio più urgente non si può, altrimenti fai la figura dei call center che ti chiamano per proporti di cambiare gestore del gas e a un certo punto le persone smetteranno di risponderti.
Posso scrivere su WhatsApp per lavoro?
Se sei in buoni rapporti e se è una roba rapida, allora sì. Noi del comitato “No a WhatsApp per lavoro” diciamo che è meglio usare le mail se si tratta di lavoro, soprattutto se è un argomento complesso. Altrimenti il rischio è che le tue chat si intasino di discussioni professionali e perdi dei messaggi personali perché vengono sovrastati dall’incessante turbinio di messaggi di lavoro.
Posso usare la mail come se fosse una chat?
No, perché la mail non è fatta per quello. Scrivi delle mail complete, interessanti, esaustive e farai un grande favore a chi la riceverà. Poi delle mail scritte bene parliamo in un altro numero della newsletter, perché è un argomento che mi interessa.
Posso mandare un messaggio vocale per lavoro?
No.
E perché?
Perché no e basta.
E dai, dimmi perché no!
Perché il vocale porta via tempo, è facile dimenticare le informazioni, se ci sono questioni complesse è un casino registrarle, e poi perché è difficile andare a ritrovare il vocale in cui avevi messo queste informazioni una volta che è passato un po’ di tempo. Quindi, no. Niente vocali per lavoro.
Il TED Talk della settimana
Sarà perché sto lavorando con un’azienda che si occupa di analisi dei dati, ma ultimamente mi sto appassionando alla data visualization, ovvero a come i dati vengono mostrati su carta o su schermo. E ho scoperto un TED Talk strepitoso di Hans Rosling, un ricercatore di cui si dice “Con lui, i dati cantano”. Pensavo fosse un’esagerazione, e invece è incredibile, fa anche molto ridere quando fa vedere e descrive le elaborazioni dei dati sulla popolazione mondiale.
In questo talk spiega tantissime cose sul Mondo, aiutandosi con dei grafici animati. Altro che quelle orrende tabelle in Excel che ogni tanto fanno vedere alle presentazioni aziendali.
L’almanacco del giorno odierno
Il 13 Ottobre del 1969 avviene il primo rendezvous tra 3 navicelle spaziali, ovvero la Soyuz 6, la Soyuz 7 e la Soyuz 8. Purtroppo l’aggancio fallisce.
Il rendezvous è in pratica l’appuntamento (rendezvous in francese) che le navicelle spaziali si danno per agganciarsi. In questo caso era molto complesso tecnicamente, perché erano 3 navicelle e non 2 come al solito, e inoltre ricordiamoci che siamo nel 1969, anno in cui si è già arrivati sulla Luna ma praticamente le astronavi hanno la stessa tecnologia di una odierna Panda a metano.
Quindi non ci sarebbe nulla di male, capita che non funzioni, se non fosse che l’allora Unione Sovietica non accetta questo smacco e dice che il rendezvous non prevedeva assolutamente nessun aggancio tra le navicelle, e che quindi tutto era a posto. Peccato che le 3 Soyuz fossero esattamente predisposte con tutti i ganci per unirsi tra di loro, e la spiegazione facesse quindi acqua da tutte le parti.
Da quel giorno l’Unione Sovietica detiene il record mondiale di “Amore, non è come pensi, posso spiegarti tutto”.
Che leggi?
La rubrica dei libri che probabilmente avrà vita breve ma intanto, ci tenevo a farvi sapere cosa sto leggendo.
Qualche settimana fa ero a pranzo con delle persone e a un certo punto uno ha cominciato a raccontare la storia di Billy Milligan, uomo con un disturbo dissociativo della personalità che era stato il primo americano accusato di crimine violento assolto per incapacità di intendere e volere.
Al momento dell’arresto, in lui erano state trovate 10 personalità diverse. Dopo il ricovero, avevano trovato altre 14 personalità, tutte indipendenti tra di loro all’interno della stessa persona, per un totale di 24 individui diversi dentro un solo corpo.
Visto che il disagio mi affascina, compro subito il libro Una stanza piena di gente che racconta la sua storia. Non sto leggendo altro da quel giorno.
A volte devo staccarmi dalla lettura e riflettere per ricordarmi che si tratta della stessa persona che ha molte personalità, perché sono così diverse che sembra impossibile.
Dentro Billy ci sono un inglese colto e maleducato, uno yugoslavo rabbioso e fortissimo, un newyorkese sboccato e criminale, un mago delle fughe e molti altri personaggi differenti. Se ti affascina la mente umana, leggilo.
Frasi da usare agli aperitivi
“Il mio grado nell'esercito? Ostaggio, in caso di guerra.”
(Woody Allen)
Per questa settimana è tutto, in caso avessi qualche richiesta sentiamoci, basta che per favore non mi mandi un vocale. Tanto non li ascolto.
Tante care cose a casa
Ciccio
PS: Ho scritto un pezzo che parla di donne nude, Marco Montemagno e liberazione dei corpi. Se ti va leggerlo mi fa piacere, si intitola Le femmine nude.
La Bio del titolare
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking, poetry slam, content strategy, cultura e un sacco di altre cose di cui volendo possiamo parlare anche in privato.
Sto scrivendo la mia autobiografia a fascicoli. Ogni Sabato esce una nuova puntata, costa un euro al mese e puoi abbonarti qui: Autobiografia di un Ciccio.
Per il public speaking, ho un mio metodo che si chiama Public Poetry Speaking e utilizza tecniche derivate dal poetry slam. Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo (quando possibile) sia online, e anche consulenze singole.
Come Content Strategist, curo la comunicazione e i testi di aziende di ogni tipo. Posso scrivere qualsiasi cosa con qualsiasi stile.
Se ti interessa parlarne, scrivimi a cicciorigoli@gmail.com.
Organizzo poetry slam e ho ideato e condotto insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni la trasmissione “Poetry Slam!” Su Zelig TV.
Ho portato due spettacoli comici a teatro e innumerevoli spettacoli sempre comici in altri posti.
Ho scritto 5 libri: un romanzo, una raccolta di racconti, una di poesie, un manuale tecnico sul libraio digitale e un manuale sul poetry slam. Per dire, sono abbastanza versatile, ecco.
Ho scritto un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
Ho un Tumblr in cui carico le mie poesie. Anche se non lo aggiorno da un po’ ma dovrei ricominciare. Si chiama Eleganza sgualcita.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
In questa newsletter potresti trovare delle ə invece del maschile diffuso perché cerco di usare un linguaggio inclusivo.
Playlist
Questa newsletter è stata scritta ascoltando Yuja Wang, una pianista strepitosa famosa anche per il suo modo di vestirsi molto diverso dai consueti canoni della pianista classica. Ne sono perdutamente innamorato.