Oggi siamo tornati in mezzo agli altri. A un metro di distanza almeno, ma ci siamo tornati.
Inizia la Fase 2, in molti hanno ricominciato a lavorare (me compreso), i bar hanno riaperto ma solo da asporto, gli uffici si sono ripopolati tranne quelli che hanno capito che lo smartworking, se usato bene, è una gran bella idea, le aziende metalmeccaniche hanno ripreso a produrre anche se io non conosco nessun metalmeccanico quindi dico per sentito dire. Comunque, i runner possono runnerare, i baristi possono barare, i metalmeccanici possono metalmeccanicare. Lo so, sono verbi che non esistono, ed è questo il momento in cui invidio gli Inglesi che usano sostantivi e verbi uguali, tipo che rain vuol dire sia “la pioggia” sia “piove”. In Italia dobbiamo usare due parole diverse, perché siamo così, dolcemente complicati. E ci piace dolcemente complicarci la vita e il lessico.
Visto che siamo tornati a una specie di normalità, ma non possiamo fare assembramenti, a cosa ci serve il public speaking? Ritrovarsi di fronte a una platea affollata, quando mai ci ricapiterà se non tra un tempo che al momento possiamo solo immaginare? Ebbene, parliamo in pubblico molto più spesso di quanto pensiamo, eppure quasi non ce ne accorgiamo. E te lo dimostrerò.
Gentili Signore e Signori, grazie per essere qui
Quando si parla di public speaking solitamente pensiamo a platee affollate, palchi immensi, proiettori grandi e grossi che proiettano slide immaginifiche e studiate. Eppure, la maggior parte delle volte in cui parliamo in pubblico non avviene così. Un po’ come pensare che il calcio sia soltanto quello giocato sui grandi campi di Serie A da gente tipo Cristiano Ronaldo e compagnia cantante, dimenticandosi delle migliaia di appassionati che giocano a calcio nei campi di periferia disputando magari derby appassionati come Rozzano - Pieve Emanuele*. Non so se giocano nella stessa categoria queste due squadre, ma rende bene l’idea.
Ecco, immagina che spesso tu non dovrai giocare a San Siro, ma più probabilmente allo stadio di Rozzano. Magari di fronte a pochi spettatori. I grandi campioni si vedono perché ci mettono lo stesso impegno in entrambi i casi.
Si parla spesso di fronte ad altre persone durante le riunioni di lavoro, gli incontri con i clienti, gli appuntamenti con i fornitori. Ogni volta che ti capita di parlare con più di una persona, stai facendo public speaking. Lo so, mi spiace, non volevo rivelarti questo segreto in maniera così brutale, ma ormai sei grande ed è ora che tu lo sappia.
Quindi, ecco 3 consigli spassionati per quando ti capiterà di parlare di fronte a un pubblico ristretto:
Cerca sempre di coinvolgere tutti
Non fissarti solo sulla persona più importante dell’incontro ma cerca sempre di parlare con tutti i presenti. Se consideri tutti il tuo pubblico, l’attenzione rimarrà alta e il clima nella sala migliorerà.
Assicurati che tutti siano a proprio agio
Prepara l’acqua e i bicchieri, magari qualche caramella (oh, a tutti piacciono le caramelle, fidati), chiedi se vogliono un caffè. L’atmosfera si rilassa, nessuno si sente in imbarazzo, hai già fatto metà del lavoro.
Non trattenerli per troppo tempo e falli parlare
Occhio che la differenza tra meeting e sequestro di persona a volte è labile. Tieni d’occhio l’orologio (non troppo sennò sembra tu abbia fretta) e ascolta cosa dicono gli astanti. Falli respirare sennò potrebbe scattare la denuncia penale, e difficilmente verranno colti dalla Sindrome di Stoccolma verso il loro aguzzino. Che poi saresti tu.
Ho visto spettacoli in cui il pubblico era risicatissimo, eppure l’attore sul palco dava tutto se stesso. E ho cercato di fare la stessa cosa a mia volta, impegnandomi al massimo anche con pubblico scarso. E, ti dirò la verità, a volte ho avuto maggiore risposta e mi sono divertito di più con poca gente che con tanta. Oh, mi piace quando il pubblico è numeroso, ma bisogna sempre fare di necessità virtù, come dicono i giovani.
*Rozzano e Pieve Emanuele sono due paesi dell’hinterland di Milano. Pensa, sono stato in tutti e due, che fortunello che sono!
Il TED della settimana
Questa settimana, si ride. O forse no. Cioè, si ride anche, ma soprattutto si scoprono quali sono i meccanismi che regolano la risata. Scopriamo la differenza scientificamente provata tra una risata finta e una vera, e smentiamo il famoso detto che dice che “l’uomo è l’unico animale che ride”. Non è vero, ridono anche i ratti.
La speaker è una neuroscienziata e in 15 minuti spiega molto bene cosa succede quando ridiamo e perché lo facciamo. Ne vale la pena, per me è stata la scoperta della settimana.
Sophie Scott - Perché ridiamo?
Sport inutili e dove trovarli
Sapevi che anche in Inghilterra esiste un’arte marziale? Si tratta dello Shin kicking.
Le regole sono semplicissime: i due contendenti si afferrano per le spalle e, semplicemente, si pigliano a calci negli stinchi finché uno dei due non cade a terra.
Che bomba di arte marziale, eh? E poi dici che gli Inglesi hanno inventato solo il football!
Qui trovi un breve video esplicativo.
Ah, i partecipanti mettono della paglia sugli stinchi per attutire i colpi. Ma durante l’allenamento, per rinforzarli, capita che li prendano a martellate appositamente. Diciamo che alla fine dei conti, con questa Brexit, di sicuro non abbiamo perso un grande sport, ecco.
Lo status Facebook della settimana
E per questa settimana di ritorno all’aria aperta, direi che abbiamo detto tutto. Riunioni, calci negli stinchi, matte risate con una neuroscienziata. Ti ho offerto un menu completo, insomma.
Ci sentiamo settimana prossima se ti va, e se vuoi condividere la newsletter, fai pure, non mi offendo. Anzi, mi fa solo piacere!
Abbracci da asporto per te
Ciccio