Smalto e barbarie
Come il mio smalto ha fatto un casino che dirti non so in un contesto che non parlava sicuramente di beauty
La scorsa settimana un mio reel su Instagram in cui parlavo di Alessandro Barbero, il professore di storia e famosissimo divulgatore, è andato inaspettatamente virale. Grande gioia, che bello, abbiamo bucato l’internet per una volta.
Arrivare a molte più persone del solito significa anche raggiungere chi non ha la più pallida idea di chi tu sia, non sa cosa fai nella vita, non sa da dove vieni. Ci sta, ok, nessun problema, anzi. Del resto giriamo i video e parliamo delle cose perché arrivino a più persone possibile, no?
Ero sicuro sarebbero arrivate delle critiche. Di sicuro non dico sempre tutto giusto, le mie opinioni sono, perlappunto, opinabili, però finché tutto rimane nell’alveo della discussione va benissimo. Si discute, si affinano le proprie idee, si impara qualcosa.
Non mi aspettavo invece che a suscitare tanto clamore fosse un particolare che non c’entra assolutamente nulla con il video: il mio smalto.
Per chi non mi conoscesse: metto lo smalto sulle unghie dal 2017, a volte metto anche la matita sugli occhi e a volte porto pure la gonna. Capirai che roba sconvolgente, nel 2025.
Insomma, centinaia di commenti che dicono cose del tipo “Barbero di sicuro ha più successo di te perché non si tinge le unghie”; “Non riesco a concentrarmi su quello che dici perché sono distratto dalle unghie”. “Ma che ca**o hai sulle unghie. Vomito” e così via.
(tra l’altro a chi mi dice che non riesce a concentrarsi perché si distrae con lo smalto direi di fare qualcosa per migliorare la propria capacità di attenzione, perché mi sa che il problema non è lo smalto in quel caso)
Metto qualche screenshot ogni tanto, così puoi leggere con i tuoi occhi. Non lo faccio per aizzare le persone contro di loro, anche perché so che non lo faresti mai, ma ho deciso di tenere i nomi degli account visibili visto che peraltro sono venuti a commentare sotto un video pubblico di un profilo pubblico e quindi ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Si tratta forse questa di una newsletter in cui ho intenzione di lamentarmi per come sono stato trattato, quanto sono stato male a ricevere quei commenti, quanto sono poveretto e quindi mi dovete consolare perché quei cattivoni si sono permessi di maltrattarmi? NO.
Sto su internet da parecchio tempo e litigo su internet da molto più tempo di diversi commentatori, e in più ho ricevuto in Calabria un’educazione siberiana sul prendersi per il culo a vicenda. La rapidità di risposta di molti dei miei amici d’infanzia è pari allo scatto da fermo di Marcell Jacobs, e se faccio il comico lo devo anche a loro che mi hanno costretto a reagire rapidamente alle provocazioni e a scherzare più o meno su tutto.
Conosco che cloaca sia Twitter (ora si chiama X, ma sempre la stessa cloaca è), conosco come funzionano i social, e lo vedo come su Threads sotto ogni post ci siano decine di persone a ricordarti che hai sbagliato, che stai dicendo cazzate, che ti attacca su qualunque argomento.
Quindi a me francamente che la gente venga a dirmi che cosa mi sono messo sulle unghie, tra l’altre completamente fuori dal contesto, non mi provoca nulla. E poi, davvero, ho quasi 45 anni, sono abbastanza navigato e strutturato da non farmi toccare da queste stupidate.
Tra l’altro metto lo smalto da 8 anni, e non mi è letteralmente mai successo che qualcuno mi dicesse qualcosa per questo nella vita reale. Davvero, mai. E dire che ne conosco e ne ho conosciuta di gente nella mia vita, prima o poi qualcuno si sarebbe dovuto fare avanti per dirmi qualcosa. Invece, niente.
Protetti dallo schermo, invece, alè ad attaccare la gente senza farsi problemi.
(tra l’altro sto usando senza problemi il maschile sovraesteso perché la quasi totalità dei commenti denigranti viene da uomini. Che novità, eh?)
Mi sono però chiesto: ma se al posto mio ci fosse stata una persona meno consapevole? Magari più giovane, magari che ha 16 anni e vorrebbe mettersi lo smalto anche se è maschio? Riuscirebbe ad affrontare questa valanga di commenti? E magari proprio per evitare di sentirsi dire certe cose non fa qualcosa che gli piacerebbe fare?
Ovvio che la mia è una piccola esperienza, quasi senza valore. Non è una shitstorm, non sono stato costretto a bloccare i social, non me ne frega davvero niente. Ma davvero c’è così tanto astio represso, così tanta voglia di andare a commentare senza sapere nulla della persona che abbiamo davanti, e ci attacchiamo a ogni piccolezza per denigrare le altre persone?
Non credo che ne usciremo. Bisogna soltanto accettarlo e utilizzare queste occasioni per capire chi ascoltare e chi no. Capire a che gioco stiamo giocando e andare oltre, tanto non serve provare a discutere, a far cambiare opinione alle persone.
Alla fine, vuoi sapere cosa provo per chi si è attaccato al mio smalto pensando di prendermi in giro? Compassione.
Saranno gli anni da cattolico trascorsi in gioventù, sarà che ormai non mi stupisco di niente, ma davvero non riesco a prendermela con questa gente. Non andrò in profondità, ma come si fa a prendersela con persone che vedono uno che parla di un argomento e l’unica cosa che riescono a pensare è: “Adesso prendo e gli scrivo proprio un bel commento acido su quelle unghie rosse a questo tizio che non so neanche chi sia, cosa faccia nella vita, non ho capito enanche di cosa sta parlando e vedi come lo rimetto a posto, vedi!”
Sì, certo, come no. Sto tremando di paura, guarda.
Parlare a modo
“Ho fatto più di 50.000 chilometri e ho parlato con uno spacciatore transgender di crack e con una persona che da anni dà droghe allucinogene alle manguste per studiarle. Le manguste sembrano apprezzarlo”.
Johann Hari ha avuto diverse persone care che sono diventate tossicodipendenti, e ha deciso di studiare meglio i meccanismi della droga anche per capire come aiutarle. E ha capito che quasi tutte le azioni messe in pratica dagli Stati per ridurre la tossicodipendenza non ha fornito soluzioni tranne una: in Portogallo, dove hanno deciso di depenalizzare tutte le droghe e investire i soldi per riaccogliere i tossicodipendenti nella società. E ha funzionato.
Un talk che parla di droghe, soluzioni, ma soprattutto di legami e di connessioni.
Un altro motivo per cui te lo consiglio è perché c’è una tecnica di public speaking che finora sul palco dei TED Talk non avevo mai visto: si è scritto la scaletta a penna sulla mano. Bisogna dire che funziona, il talk scorre benissimo senza intoppi.
Vuoi preparare uno spettacolo tuo?
Visto che sto sul palco da 24 anni, credo di aver imparato qualcosa su come si organizza uno spettacolo oppure un reading. Vorrei mettere questa esperienza a disposizione, e allora ti do due opzioni se hai intenzione di preparare uno spettacolo:
Sabato 12 Aprile: Corso di 4 ore a Milano, in cui vedremo come si crea una scaletta della serata, cosa mettere e cosa no, come si organizza un’apertura, come si chiude, come si sta sul palco, come non fare addormentare le persone e sapersela cavare ovunque.
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Startup slam: cos’è?
Il 26 Marzo alle 20 abbiamo organizzato, insieme a Divergens, uno Startup Slam. Di cosa si tratta?
Abbiamo preso il meccanismo del poetry slam, e l’abbiamo adattato alle presentazioni delle startup. Due giri da 5 minuti ciascuno, nel primo chi partecipa dovrà presentare la propria azienda, nel secondo giro rispondere a delle domande estratte a sorte. Al termine di ogni esibizione, una giuria di 5 persone scelte a caso tra il pubblico voterà da zero a dieci.
La gara è solo un pretesto per ascoltare 4 storie, vedere come le persone raccontano se stesse e la propria impresa, e soprattutto svecchiare il noioso meccanismo dei pitch di presentazione.
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Una poesia breve per chi ha poco tempo
Cambiare la lampadina alla madonna
con bambino fulminata sulle scale.
Scendere in cantina per verificare
se scatta il numerino al contatore.
Tornare su a controllare se funziona.
Se ancora non si accende bestemmiareAndrea Bajani
Per questa settimana abbiamo concluso, io torno su Instagram a vedere se c’è qualcun altro a cui dà fastidio il mio smalto. Ma vedi tu un poco cosa mi tocca fare.
Teniamoci stretti che c’è vento forte
Secondo me erano solo invidiosi perché le nail artist costano un botto e non possono permetterselo