In questo numero: una riflessione su cosa resta di noi dopo la morte, perché raccontare delle storie che rimangono, un autore e attore troppo sottovalutato, qualche link che serve sempre e una poesia che rispetto al solito è lunghetta. Ma prima…
Dove mi trovi in giro
Venerdì 9 Maggio: Finale poetry slam a Peschiera Borromeo, Piazza Lombardi. Ore 18:00;
Martedì 13 Maggio: Pirati Poetry Slam al PiratiPoeti di via Lazzaro Palazzi 3, a Milano. Ore 20:30, puntuali. Conviene prenotare ché i posti sono veramente pochi;
Giovedì 15 Maggio: Ultimo appuntamento con il Grande Poetry Slam a Colonne28, Parma. Ore 21:00.
Per situazioni che adesso non sto a elencare anche per rispetto di chi le sta vivendo, mi sono trovato a pensare in questi giorni a cosa resta di noi una volta che non ci siamo più. Certo, nel mio nichilismo becero penso anche che chi se ne importa di cosa resta di me una volta che sono morto, ma la realtà è che prima o poi almeno una volta ci abbiamo pensato, a cosa lasciamo su questo sasso che gravita in un sistema solare periferico ai margini della galassia, un pianeta neanche tanto grande che chiamiamo Terra.
Ma soprattutto cosa rimane alle persone che ci hanno conosciuto, che sono state con noi, e nelle quali e per le quali vivremo soltanto nel ricordo.
Pensandoci bene, alla fine quello che resta di noi sono soltanto le storie che le persone si ricordano di noi e si raccontano tra di loro.
Di mio nonno ad esempio mi rimane che era un campione dello spaccare i cocomeri con il culo (true story), non gli ho mai visto praticare questa tecnica ma è una leggenda familiare, me l’hanno raccontata così tante volte che ormai fa inscindibilmente parte del ricordo che ho di lui.
Quando andavo all’università ho fatto un esame di psicologia, e tra i libri da studiare ce n’era uno che si chiamava Raccontarsi - L’autobiografia come cura di sé. Me lo ricordo ancora a distanza di tanti, forse troppi anni. Non c’è molto da dire, il titolo si spiega da solo, in sostanza parla di come scrivere la propria autobiografia serva a fare chiarezza, a capire meglio chi siamo, perché solo raccontandoci mettiamo in fila gli avvenimenti, le storie appunto, e capiamo cosa abbiamo fatto e come ci siamo arrivate a questo punto.
Una cosa che ho imparato in questi anni di psicoterapia è che bisogna trovare parti di sé anche in quello che le persone pensano di noi. Perché non siamo soltanto qeull’ammasso di cellule, muscoli, tendini e frattaglie che ci portiamo in giro per il mondo, ma anche parti di noi si trovano disperse nella testa delle persone che conosciamo, e saranno quelle parti che resteranno anche dopo la nostra morte.
(volevo usare una parola come dipartita, scomparsa, mancanza, insomma, un eufemismo, ma ho pensato che ogni tanto leggere la parola “morte” così, senza filtri, serve anche a ricordarci che fa parte di noi pure quella).
La domanda ora è: cosa c’entra tutta questa storia sull’autobiografia di sé, sul racconto, sulle storie, in una newsletter che parla di public speaking?
Non so se devo necessariamente trovare un collegamento. Se c’è qualcosa che di sicuro accomuna le due cose, è che troppe volte mascheriamo, nascondiamo e cerchiamo solo di portare a termine il nostro compito, e non lasciamo niente a chi ci sta di fronte sia nella vita sia quando parliamo in pubblico. Passare sottotraccia, come un rumore di fondo, un ronzio che dopo poco nessuna nota più. E che scompare e non serve più a niente, perché non lascia ricordo. Come se non fosse mai esistito quel momento lì.
Se c’è qualcosa che rimane invece, è quello che facciamo vedere e raccontiamo di noi. Tutto il resto, passa senza lasciare traccia.
Mi è tornato in mente che avevo scritto una poesia (oh mio dio quanto mi fa impressione dire questa frase, “ho scritto un poesia”) su questa cosa, la metto più in basso nello spazio della poesia breve anche se poi breve non è.
Parlare a modo
Tra i performer italiani credo che uno dei più sottovalutati sia David Riondino. Toscano, cantastorie, autore satirico (Cuore, Tango, e altre riviste care a noi che abbiamo una certa età), erede di una tradizione lunghissima di raccontatori toscani che sarebbe poi esplosa con Roberto Benigni e Francesco Nuti. Autore di canzoni, intrattenitore, eppure poco conosciuto al grande pubblico. Ed è un peccato.
Comunque, se vuoi recuperare qualcosa ti consiglio questo reading in cui mette assieme Ariosto, Calvino e Queneau e ti fa venire voglia di andare subito a leggere L’Orlando furioso. Ma proprio subito.
(Per dirti quanto sia un genio, è autore della canzone Maracaibo. Sì, quella là, e sono ragionevolmente sicuro tu te la stia già cantando in testa. Come sto facendo io adesso, d’altronde).
Qualche link che serve sempre
A proposito di ricordo, Skype ha chiuso. Ciao Skype, insegna agli angeli a fare le videochiamate;
Dalla newsletter di Ti spiego il dato: “Quando il giornale statunitense The Atlantic ha denunciato che Meta aveva usato migliaia di libri piratati online della banca dati di LibGen per addestrare la sua intelligenza artificiale, mi è stato subito segnalato che c’era anche Quando i Dati Discriminano, dentro quel dataset. Sono andata a controllare, grazie al tool messo a disposizione proprio dall’Atlantic, e in effetti eccolo lì.” Fun fact: c’è anche il mio libro Libreria Alessandria tra i libri piratati, che gioia;
“Del perché la tua manicure ti dice da che lato della recessione sei” il numero della newsletter di su unghie, manicure e differenze di classe.
(Di unghie, smalti e contestazioni avevo parlato qualche settimana fa nel link che trovi qua sotto).
Una poesia (non) breve
Cosa resta di me?
Vestiti e scarpe eleganti
che alla fine dei conti
non metto mai.
Cinque bassi,
tre chitarre,
due ukulele
o ukuleli
chi lo sa
non conosco i plurali hawaiani
un totale di 46 corde
che ho sempre suonato male,
tutte.Note sul telefono che non so
neanche cosa significano
tipo quella con scritto
“Il Cattolicesimo è tutta una questione
di autismo
e disturbo ossessivo compulsivo.”Un abbonamento ai mezzi
mensile
una sottoscrizione a
Spotify
Netflix
Amazon
Disney Plus
che poi tanto ho sempre preferito
guardare RaiPlay.Un cassetto vicino al letto
che spero davvero mia madre
non scopra mai.Non resterà di me la cronologia internet
perché ho sempre navigato in anonimo
anche se vivo da solo
e il computer lo uso solo io
ma resto pur sempre
un tipo pùdico.Resteranno di me
meno libri di quanti ne ho letti
meno libri di quanti ne ho scritto
centinaia di poesie nascoste nelle cartelle di un drive
che ogni tanto ho riletto e ho pensato
“Ma cosa cazzo stavo pensando?”
Tipo quella che ha solo il titolo
“Ho sognato Martufello”
ma non ho mai avuto il coraggio di cancellare.Un sacco di idee non portate a termine
grandi promesse sprecate
grandi chat terminate sul più bello
numeri di telefono che non chiamo
chissà da quanto
e a volte chissà di chi sono.Un cesto di frutta lasciato a marcire
in nome di un salutismo che non ho mai condiviso
pacchi di tabacco avanzati
tutti i cd in una scatola chiusa
a ricordare i miei vent’anni
che non ho più ascoltato.Resteranno di me
le parole che non ho detto
neanche a me stesso
i baci che avrei dovuto darti
e invece dovevo lavorare
un cane che si morde la coda
quando invece dovrebbe scappare.
Per questa settimana è tutto, ci risentiamo giovedì prossimo. La scorsa settimana la newsletter non è uscita perché dai, c’era il Ponte del Primo Maggio, chi aveva voglia di leggerla?
Teniamoci stretti che c’è vento forte
Sappi che tuo nonno è entrato anche nella mia memoria, e ci sta benissimo :)