Ciao, sono Ciccio Rigoli e questa è Public Poetry Speaking, la newsletter settimanale che parla di rapporti col pubblico, comunicazione e poetry slam. Se è la prima volta che ti trovi qui, puoi iscriverti. Ne sarei molto contento.
La scorsa settimana Elly Schlein è stata nominata ufficialmente segretaria del PD. Ci ricordiamo qualcosa del suo discorso di insediamento? Non credo, a meno che non ci appassioni davvero in maniera totale la politica. Magari ricorderai che ha chiesto un partito femminista, ma soprattutto ricorderai quando ha detto che combatterà “i cacicchi e i capibastone”. Ce lo ricordiamo perché, leggendo la notizia, anche tu come me avrai pensato: “ma che ca**o è un cacicco?”
Il cacicco, dice il vocabolario Treccani, è un “Titolo dato ai capi indigeni delle Antille, e quindi dell’America Centrale in genere e del Perù.” Alzi la mano chi lo sapeva prima di adesso.
(vedo pochissime mani alzarsi. Lo sospettavo.)
Ma allora, se “cacicco” è una parola così difficile e poco conosciuta, per quale motivo è stata usata da Elly Schlein in uno dei discorsi più importanti della sua vita, in cui avrebbe rischiato di diventare incomprensibile?
Semplice: perché associata a capibastone diventava improvvisamente comprensibilissima. Come dice uno bello e famoso, se avete la pazienza di seguirmi parliamo delle parole difficili e di se e quando utilizzarle.
Abiti di percalle
Anche se non sapevamo cosa volesse dire cacicco, abbiamo potuto recuperare subito il suo significato dall’associazione con un’altra parola più conosciuta. Peraltro non così conosciuta, ma che si spiega quasi da sola: “capibastone”. Significano più o meno la stessa cosa, e sarebbe stato possibile usare altre frasi simili come “capi e capetti”, “maggiorenti e dignitari”, oppure dire “combatteremo i capi delle correnti”. Il giorno dopo i giornali avrebbero dato lo stesso risalto alla frase? Francamente, non credo.
L’importante è che le parole siano però comprensibili almeno dal contesto. Nella canzone “Scirocco” Francesco Guccini dice “Ma lei arrivò affrettata danzando nella rosa/di un abito di percalle che le fasciava i fianchi”. Io non so come sia fatto il percalle, e prima di ascoltare questa canzone non sapevo neanche fosse un tessuto, ma il fatto che venga pagonato a una rosa e fasci i fianchi mi fa immaginare qualcosa di vaporoso, leggero, e anche se non lo fosse in realtà l’importante è che io intuisca cosa sia. Se la canzone avesse detto: “lei arrivò nel suo percalle” avrei potuto pensare qualsiasi cosa, che fosse ad esempio una sorta di abito o di cappotto, e il testo avrebbe perso forza.
Che buffa parola!
Ammettiamolo: “cacicco” fa ridere. Una parola desueta, buttata in mezzo a un discorso, composta solo da C come “caciucco” oppure “ciuccio”. Un suono quasi stupido, che sminuisce gli avversari e i capicorrente. Se avesse detto soltanto “i capi” li avrebbe legittimati. Dicendo “cacicco” ha fatto in modo che gli ridessimo dietro.
(ora sto pensando a questi del PD che girano per Roma e la gente che gli urla dietro “Ahò, ‘a cacicco!”. Che ridere che mi faccio da solo, a volte.)
Quindi posso usare parole difficili sempre?
Un trucco che usano gli studenti e le studentesse che vogliono fare bella figura con i professori scarsi di italiano è mettere delle parole complicate nei temi di italiano. Basta piazzare qualcosa come “piaggeria”, “costrutto”, “ostativo”, e i professori vanno in visibilio. Questo però è un trucco che può funzionare al liceo, farlo oggi a una certa età ci fa assomigliare più che altro a dei burocrati o a vecchi intellettuali decrepiti che pensano di essere interessanti mettendo parole a casaccio, e invece risultano solo ridicoli.
Per dire, capita a volte che nei poetry slam arrivi qualcuno che in una poesia invece di dire “Mi siedo di fronte al mare” dica: “Adagio le mie membra innanzi al pelago”. E di solito sono grasse risate e voti bassissimi della giuria.
Nella comunicazione a tutti i livelli, l’importante è farsi capire. Se la parola che utilizziamo serve solo a far vedere che “abbiamo fatto le scuole alte”, il più delle volte è controproducente e porta le persone a dire “Ma perché io devo leggere tutte queste stronzate?”. Non credo sia esattamente il risultato che vogliamo raggiungere.
Quindi, se dobbiamo usare una parola difficile o desueta, deve essere comprensibile, utile e deve dare forza al discorso. Altrimenti sono soltanto trucchetti da liceali.
Usiamole, ma con moderazione.
(mi accorgo adesso che nel testo ho messo un sacco di virgolette. Scusami)
(l’immagine è stata creata dalla IA digitando “a young woman become the new chief of a political party”. Un po’ sessista, mi pare, ma ci lavoreranno.)
Il TED Talk della settimana
Ah, che bel talk questa settimana. Parla di intelligenza artificiale, e a parlarne è uno che, giusto per dire, ci lavorava in Apple nel 1991. Quello che ha inventato le reti di deep learning, ovvero il modo in cui le intelligenze artificiali apprendono e interagiscono. Uno così, insomma.
Ma non è solo per questo che bisogna guardare questo talk. Bisogna guardarlo anche perché Kai-Fu Lee parla con un’umanità e un amore per le persone come poche volte ho visto sul palco. Si mostra così com’è, parla della sua vita privata, insomma, riesce a parlare di tecnologia mettendo l’amore al centro. Non so quante volte capiti davvero che ci si approcci così all’intelligenza artificiale.
In più fa una cosa da attore consumato: i comici sanno benissimo quanto siano importanti le pause, e quanto a volte facciano più ridere delle battute stesse, ma sanno anche quanto è difficile gestirle. Lui lo fa in maniera eccelsa, da vero professionista.
Il talk si intitola “Come l’intelligenza artificiale può salvare la nostra umanità”
Iscrizione richiesta, speciale podcast
Questa settimana ti consiglio non una newsletter, ma un podcast. E per di più di qualche anno fa.
(visto come sto sul pezzo?)
Un podcast cosiddetto di True Crime, ovvero di delitti reali, e parla di un caso che, per chi ha la mia età, è ritornato ciclicamente sui giornali e al telegiornale: Il delitto di Via Poma.
Simonetta Cesaroni è una ragazza che viene uccisa a Roma nel 1990. Nessuna storia complicata nella sua vita, nessun segreto, nessun mistero. Dopo oltre trent’anni non se ne viene a capo, non si sa chi l’abbia uccisa e per quale motivo.
Nel podcast Le ombre di Via Poma c’è una ricostruzione fatta bene, che si concentra sulle persone e che spiega tutto in maniera chiara.
Ma sai anche perché te lo consiglio? Perché lo speaker parla con uno spiccato accento romagnolo, e dio solo sa quanto io odi chi parla in perfetta dizione nei podcast. Viva le imperfezioni, viva le voci reali!
Una poesia breve per chi ha poco tempo
Nessuno viene mai a prendermi
in stazione.
Pagherei anche qualcuno
perché venisse
a chiedermi come è andato il viaggio
se sono stanco
se ho già mangiato
o devo ancora mangiare.
Nessuno mi viene a prendere in stazione.
Dovrebbero fondare
la start up degli abbracci
al binario.
Li prenoti e quando arrivi
c'è qualcuno ad aspettarti.
chissenefrega se non so chi sia
se sa a malapena il mio nome.
Al binario non mi serve gente conosciuta
andrebbe bene
anche solo qualcuno
pagato
per dirmi come è andata
A curarsi dei ritardi
a mandarmi un messaggio
per sapere quando arrivo
a dirmi "allora comincio a muovermi"
quando passo da Milano Rogoredo.
Nessuno viene a prendermi in stazione
mai.
Nessuno che mi dica
dammi la valigia
andiamo a casa.(Questa è mia, quasi inedita. Scusa se ho approfittato di questo spazio)
Che fai questa settimana?
Giovedì 16 sono a Parma a Colonne 28 con un poetry slam. Iniziamo alle ventuno, ingresso gratuito.
Venerdì 17 invece sono allo Zelig per il secondo round dello Zelig Poetry Slam. Il primo round è andato alla grande, facciamo il bis anche al secondo?
Settimana intensa, questa. Ci sentiamo alla prossima, credo che avrò qualche novità da raccontarti.
Se ti va di condividere questa newsletter, a me fa solo piacere. E mi aiuterebbe anche a farla girare un po’. Evviva la generosità!
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di public speaking, business writing e poetry slam.
Collaboro con alcune aziende per elaborare strategie di comunicazione e scrivere testi che funzionano, piacevoli da leggere.
Faccio corsi molto divertenti sia dal vivo (quando possibile) sia online, e anche consulenze singole.
Organizzo poetry slam e insieme a Paolo Agrati e Davide Passoni abbiamo un’agenzia che si chiama Slam Factory. La nostra trasmissione “Poetry Slam!” la trovi su Prime Video, anche se nella descrizione mi chiamano “Ciccio Regoli”, vai a capire perché.
Ho scritto 5 libri, l’ultimo è un manuale sul poetry slam.
Ho scritto un pezzo che si intitola “Come hanno fo**uto i trenta/quarantenni” che ha fatto oltre un milione di visualizzazioni a mia insaputa.
Sono soprattutto su Facebook e Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.