A fare che?
Un nuovo spettacolo, e alcune considerazioni dalle quali sono partito. Credo oggi più che mai parecchio attuali.
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Ho una notizia: sto scrivendo uno spettacolo nuovo. Di più: ho anche la data del debutto, il 12 Dicembre alla Battagliera, in Via Palmanova 56 a Milano.
Oggi volevo condividere alcune delle riflessioni che mi hanno portato a dargli un titolo e un filo logico.
Devi sapere che per me uno spettacolo è praticamente pronto quando riesco a trovare il titolo. Cioè, in realtà mancano ancora un sacco di pezzi, non c’è la scaletta, non so se terrò tutto ma il titolo è una parte fondamentale. Sarà che se qualcosa non ha un nome è difficile definirlo e volergli bene. Magari sarà da questo che deriva il proliferare di job title che si sente in giro, soprattutto a Milano: se non sai come definirti, non riesci a spiegare cosa fai. Oddio, tante volte le persone non riescono a spiegare cosa fanno neanche quando hanno un job title, ma lì siamo nella patologia milanese di avere prima l’organigramma, e dopo il prodotto.
Comunque, non divaghiamo.
Lo spettacolo si intitola “A fare che?”. Questo titolo nasce da due storie che si intrecciano.
La prima parte dalla mia volontà di fare uno spettacolo rivoluzionario, non nella forma ma nella sostanza. Uno spettacolo di lotta e, in parte, di governo, che parlasse di quello che mi dà fastidio e proponesse qualche soluzione, uno spettacolo “che fa ridere ma anche riflettere”, senza la pretesa di insegnare qualcosa ma facendo in modo che il pubblico, alla fine della serata, si chieda “Ma sai che forse su questa cosa quel tizio lì col microfono ha ragione?”.
Visto che si parla di rivoluzione, volevo un titolo che giocasse con gli slogan socialisti, una roba del tipo “Proletari di tutto il mondo unitevi”, “Tutto il potere ai soviet”, oppure il famoso “Che fare?” di Lenin.
E qui finisce la prima storia, che si intreccia con la seconda.
La scorsa settimana ti ho segnalato il podcast Mare di rabbia, che parla del Porto di Gioia Tauro e in generale di cosa è successo negli ultimi 50 anni nella Piana di Gioia Tauro, da cui provengo. Nella terza puntata viene intervistato Don Pino Demasi, referente di Libera (l’associazione contro le mafie) per la Piana. Durante l’intervista Don Pino dice che per lui è difficile chiedere alle persone giovani di restare. “Restare a fare che?”, si chiede.
Per me è stato un momento fortissimo, e lo dico da chi è dovuto andare via dalla sua Terra per vivere altrove, e si trova sradicato anche se con la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta.
Quella domanda “A fare che?” mi è rimasta dentro, me la sono portata dietro per qualche giorno, e a un certo punto si è intrecciata con il “Che fare?” di cui sopra ed ecco, il titolo dello spettacolo si è presentato in tutta la sua magnificenza.
Questa è la storia del titolo dello spettacolo. In più tante cose continuano a risuonare e la mia voglia di mettere in scena uno spettacolo che non sia fatto soltanto per ridere ha continuato a trovare conferme in altre occasioni.
La poesia (non) ci salverà
Oggi sul profilo Instagram di SLAM Factory (la società che organizza poetry slam, spettacoli e molto altro che ho fondato con i miei soci Paolo Agrati e Davide Passoni) uscirà il primo video per l’iniziativa “La poesia (non) ci salverà”. Sarà una rivisitazione della canzone Sidún di Fabrizio De Andrè, tradotta in italiano e recitata da Paolo.
Sidún parla di Sidone, città del Libano in cui durante la guerra civile ci furono diversi massacri. Qualcosa che in questi giorni suona tristemente noto e attuale, viene da dire.
Da questo video è nata l’idea di fare qualcosa di più, di lanciare una chiamata alle arti per chi si occupa di poesia, di performance, di scrittura e di arte e spettacolo in generale. Sappiamo benissimo che la poesia non basta e non è la soluzione, ma ci sono volte in cui bisogna chiedersi, anche qui, “Che fare?” e tirare fuori con i nostri strumenti quello che abbiamo da dire. Cambierà poco, la poesia non vince e non risolve le guerre, ma a volte è tutto quello che abbiamo da dare.
Visto anche quello che è successo in America questa settimana abbiamo sentito la necessità di fare qualcosa, facendo quello che sappiamo fare.
Nei prossimi mesi continueremo con una call for artist, e stiamo organizzando una giornata al Bloom di Mezzago il 2 Febbraio che avrà anche il sostegno di Emergency.
Avrai aggiornamenti nelle prossime newsletter.
Parlare a modo
Io ho un debole per Paolo Rossi, e in questi giorni sto guardando e studiando i suoi spettacoli. Non avevo mai visto, e sono contento di averlo recuperato, Storie di un delirio organizzato.
Lo spettacolo è del 2001, e te ne accorgi non tanto perché ci sia scritto da qualche parte, ma perché all’inizio dello spettacolo Rossi dice “Abbiamo debuttato a Giugno e lo spettacolo era fatto in un certo modo, poi questa estate sono successe ALCUNE COSE, e l’abbiamo dovuto modificare”.
Parla del G8 di Genova, delle Torri gemelle, di Berlusconi e di molto altro ma, stranamente per uno spettacolo comico, è molto attuale anche oggi. Per dire, quando immagina il libro di storia che avrebbero usato nel 2010, scritto da Gasparri, non va tanto lontano dall’auspicio di Ignazio La Russa di poche settimane fa di adottare il libro scritto da Italo Bocchino nelle scuole italiane.
Ma te lo do io il promemoria
Come ricordavo anche prima, sto ascoltando il podcast “Mare di rabbia” sulla Calabria. Tra l’altro erroneamente avevo detto che erano solo 3 puntate, e invece 3 erano le puntate già uscite. Ne esce una a settimana, ogni venerdì.
Una delle autrici del podcast è Anna Sergi, criminologa e ricercatrice sulle mafie all’Università di Essex. Emigrata anche lei, quindi, visto che è Calabrese di nascita.
E della sua infanzia in Calabria parla in L’inferno ammobiliato. Un libro che è un insieme di ricordi, analisi, che mostra come la ‘ndrangheta non sia qualcosa di staccato dalla società civile, una setta invisibile che non è possibile vedere. Chi nasce o vive in Calabria sa bene quanto, disgraziatamente, la ‘ndrangheta faccia praticamente parte del paesaggio.
Il titolo nasce da una definizione del sociologo Alessandro Pizzorno, che dice “Se la Calabria è l’inferno della ‘ndrangheta, molti calabresi hanno imparato ad ammobiliare l’inferno”. Si vive in mezzo alle fiamme, ma si cerca di mantenere il decoro. Una scelta deprecabile ma spesso necessaria da fare.
Diciamo che è un libro che ho sentito molto mio, visto che in quelle terre ci sono nato e, come diceva uno, “qui ho le mie radici”.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
Io sono un filo d’erba
un filo d’erba che trema.
E la mia Patria è dove l’erba trema.
Un alito può trapiantare
il mio seme lontano.(La mia bella Patria - Rocco Scotellaro)
Grazie per aver letto fin qui, se ti interessa sapere qualcosa sui corsi di public speaking che terrò il 23 Novembre e il 14 Dicembre, oppure sui miei spettacoli, basta chiedere oppure andare sul sito.
Tante care cose e abbi cura di te
La cassettina della settimana
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di strategie di comunicazione, public speaking e poetry slam.
Lavoro con le parole da molti anni, sia sui social che sul palco.
Sono soprattutto su Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
Nota di servizio: la newsletter, quando necessario, utilizza il femminile sovraesteso. In caso ti riconoscessi nel genere maschile e dicessi “Eh, ma è ben strano, eh”, ecco, è esattamente quello che accade con il maschile sovraesteso ma pensiamo sia normale.