A cosa serve la poesia?
Non so se potrò spiegarlo io, ma facciamo un tentativo. Parlando anche di pubblicità di cibo per animali.
Da qualche giorno stanno arrivando parecchie iscrizioni grazie alla raccomandazione di , la newsletter di Valeria Fioretta. Ne approfitto per ringraziare tutte le persone che sono arrivate tramite questa raccomandazione, e per invitare chi non l’avesse ancora fatto a iscriversi alla sua, di newsletter. Shout out* per Valeria!
Io di poesia fino a qualche anno fa non ne sapevo niente. Non che adesso sia un grande intenditore oppure un fine dicitore, ma diciamo che fino a qualche anno fa ne sapevo ancora meno. Poi ho incontrato il poetry slam.
(che è una sfida tra poeti e poete, per chi non lo sapesse, in cui vota il pubblico. Lo so, l’ho detto tante volte, ma c’è chi si trova qui per la prima volta, abbiate pazienza. Se volete, in fondo c’è un calendario delle mie prossime date)
Con il poetry slam ho scoperto che la poesia non era quella roba noiosa, triste e muffa che mi avevano fatto intendere. Poeti e poete che se ne stanno lì a scrivere sui loro taccuini, a mettere insieme parole difficili tipo “pelago, rimirare, canuto” per far vedere che hanno studiato la lingua italiana. Come alle scuole medie quando mettevi le parole difficili nel tema per prendere un bel voto, o come fa il Ministro Giuli nelle conferenze stampa, per intenderci.
Non si capisce come mai, quando si parla di cultura si tende sempre a segnare una distanza tra chi può e chi non può. E la musica classica non va bene perché bisogna capirla, e le opere d’arte sono inarrivabili, e la letteratura va bene ma solo se leggi i classici, non è che puoi leggere un libro qualsiasi per divertirti. Basta vedere le campagne per la lettura, in cui ci sono sempre queste qua con gli occhiali, abbruttite, che stanno a leggere un librone di Stendhal, a sorseggiare il tè mentre entra nel locale un figo che non le degna di uno sguardo oppure le guarda stupito. Che poi non capisco dove sia il vantaggio in una campagna di questo tipo.
Oppure mi ricordo un’altra campagna di promozione della lettura, con dei tizi vestiti di bianco che si sussurravano le parole all’orecchio in mezzo a un prato. Davvero ti veniva voglia di andare in libreria subito, guarda.
Ovvio che poi ti viene da pensare che la poesia non serva a nulla, se poi l’unico utilizzo che se ne fa ad esempio in comunicazione è nell’ultima pubblicità di una marca di cibo per animali (anzi, scusate, pet food, ché cibo per animali fa troppo poveraccio) in cui fanno una rima baciata da terza elementare per comunicare che cosa non si sa. Per dire, un verso fa “Per noi il tuo non sarà mai solo un animale/ed è questo che rende [NOME DELLA CASA PRODUTTRICE] speciale”. Ho i brividi.
Io ve lo dico, cara gente della pubblicità: la rima baciata non la usa quasi più nessuno. Forse solo chi non sa scrivere, oppure chi deve scrivere i biglietti di auguri.
La poesia serve a usarle bene, le parole. Non a fare la voce impostata sul palco e leggere tutto con grande pathos, come se ogni parola dovesse trasudare significati importanti. La poesia serve a dire poco, dicendo tutto. Una regola che potrebbe andare bene anche in ogni altro ambito della vita, dalle mail di lavoro ai comunicati stampa.
Ma quindi, a cosa serve la poesia?
Io non posso di certo dire adesso, dopo secoli di dibattito, a cosa serve la poesia. Posso dire cosa ha insegnato a me, e magari ci ritroviamo qualche insegnamento da utilizzare nella comunicazione in generale.
A me ha insegnato a ridurre, a togliere, a rendere il meno pesante possibile quello che dico. O almeno ci provo. Mi ha insegnato a non mettere cose che non servono, anche se potrebbero fare bella figura. A dire ogni cosa come andrebbe detta, o quantomeno come in quel momento penso che vada detta.
Mi ha insegnato a trovare il ritmo, a rileggere, a sentire se le parole vanno bene o se qualcosa sfrigola, non gira, sminchia, in poche parole.
(lo so, sminchia non è esattamente poetico, però prima ho detto sfrigola, dai, il termine poetico ce l’avevo messo)
Mi ha insegnato ad agire dentro paletti ben definiti. Nel poetry slam hai 3 minuti per la tua esibizione, e non puoi andare oltre altrimenti prendi penalità. Quello è un paletto sulla lunghezza.
Ma c’è anche chi sa scrivere in metrica, e quindi deve rispettare sillabe, accenti, cadenze. La libertà non sta nel poter fare quello che si vuole, ma nel poter fare quello che si vuole all’interno di limiti ben definiti.
Infine, quello che mi ha insegnato la poesia, è che ci si può divertire veramente a scrivere o a sentirle leggere da altre persone. Questa cosa della cultura che ti fa crescere e quindi deve essere noiosa deve finire. Perché certe volte, ammettiamolo, ci annoiamo ma non vogliamo ammetterlo per far vedere che abbiamo un certo livello culturale. Come se la cultura dovesse sempre essere staccata dal divertimento, o dal piacere.
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono molto cambiati,
gli uomini non dimandano
più nulla dai poeti,
e lasciatemi divertire!(E lasciatemi divertire - Aldo Palazzeschi)
*Lo shout out è molto usato nell’hip hop, ed è quando si nomina una persona durante una serata oppure una canzone per ringraziarla.
Hai detto corsi?
Tra Novembre e Dicembre terrò due corsi di public speaking, uno online e uno dal vivo a Milano.
23 Novembre: Corso online
14 Dicembre: Corso in presenza
I corsi possono servirti se vuoi imparare a parlare meglio in pubblico o anche semplicemente toglierti un po’ di ansia quando devi fare la presentazione di un progetto.
Il mio metodo di Public Speaking prende in prestito alcune tecniche del poetry slam e della stand up comedy. Di sicuro non è quel tipo di corso che ti dice “Adesso ti spiego come fare public speaking e fare i soldi per poi andare a vivere a Dubai”.
Trovi tutte le informazioni sul sito.
Ma te lo do io il promemoria!
Consigli non richiesti di robe da ascoltare, leggere, guardare, magari una volta pure da annusare, chi lo sa.
Forse non lo sai, ma io nasco e cresco in Calabria. Esattamente in mezzo alla Piana di Gioia Tauro, una delle poche zone pianeggianti della Calabria, che per la maggior parte del suo territorio è invece costituita da montagne e assistenzialismo statale.
A Gioia Tauro c’è il porto, il più grande porto del Mediterraneo e il 12° porto al mondo. Che non è poco. Visto dove si trova, e visto anche la sua capacità, poteva forse la ‘ndrangheta tenersene lontano? Ma va, figurati, stiamo parlando pur sempre della prima organizzazione criminale mondiale.
(ogni volta che parlo di ‘ndrangheta sono combattuto tra l’odio per l’organizzazione criminale e i suoi nefasti danni e quell’irrazionale senso di orgoglio che dice “Però, vedi che almeno in una cosa siamo primi al mondo?”. Lo so, mi faccio schifo da solo, ma tant’è).
Magari hai già sentito parlare del Porto, magari lo conosci poco, ma se vuoi approfondire ti consiglio un podcast: “Mare di rabbia”.
Sono solo 3 puntate, e spiega molto bene come funzionano i traffici, cosa vuol dire vivere nella Piana di Gioia Tauro, e quali disastri sono stati concepiti e messi in atto in nome della modernizzazione della Calabria. Modernizzazione che poi non è neanche avvenuta.
Giustamente potrai dire: “Ma a me cosa me ne frega?”. E invece un po’ riguarda anche te, in qualche modo.
Dove mi trovi questa settimana
Sabato 2 Novembre alle 20:30 sono a Torino al Circolo Rami Secchi (Lungo Dora Colletta 39) per il “Nebbiolo Poetry Slam”;
Martedì 5 Novembre alle 19 all’Ostello Bello Grande di Milano per il “Petit Poetry Slam”. Stavolta non come dj ma in gara, incredibile;
Mercoledì 6 Novembre alle 20:30 all’Osteria Democratica in Via Ettore Troilo 14 a Milano, sempre in gara per un poetry slam.
Una poesia breve per chi ha poco tempo
un anno
sembra breve,
un giorno
troppo lungo –
è il mio compleanno
(Tawara Machi)
Eccoci giunte alla fine, spero tutto sia stato di tuo gradimento. Se hai richieste per i corsi, per i poetry slam o per qualsiasi altra cosa, basta chiedere.
Tante care cose e abbi cura di te
Ciccio
La cassettina della settimana
Sono Ciccio Rigoli e mi occupo di strategie di comunicazione, public speaking e poetry slam.
Sono soprattutto su Instagram. E anche su LinkedIn. Puoi seguirmi, se ti va.
Nota di servizio: la newsletter, quando necessario, utilizza il femminile sovraesteso. In caso ti riconoscessi nel genere maschile e dicessi “Eh, ma è ben strano, eh”, ecco, è esattamente quello che accade con il maschile sovraesteso ma pensiamo sia normale.